Semifonte, città sommersa. Archeologi sulle tracce dell'antica civiltà

Rasa al suolo dai fiorentini nel 1202 è oggi oggetto di indagine da parte di studiosi italiani e polacchi

La Cappella di San Michele Arcangelo a Semifonte

La Cappella di San Michele Arcangelo a Semifonte

Barberino Val d'Elsa (Firenze), 26 settembre 2017 - Tra i vigneti e le colline che delimitano il terreno, con una particolare forma a stella sull’altura di Semifonte, c’è una città sommersa, un giacimento unico al mondo, ricco di testimonianze urbane di origine medievale, che aspetta di vedere la luce, di essere scoperto, conosciuto, studiato come area archeologica tra le più ambite dagli esperti di livello internazionale.

Sopra un monumento-simbolo, la Cappella di San Michele Arcangelo, progettata e realizzata da Santi di Tito negli ultimi anni del sedicesimo secolo, che domina la Valdelsa volgendo il suo sguardo beffardo a Firenze con una Cupola che riproduce in scala 1:8 quella di Santa Maria del Fiore.

E sotto le radici di una civiltà evoluta, fondata dai conti Alberti, l’ipotesi di una presenza estesa costituita da strutture, agglomerati di abitazioni e fattorie medievali, che attestano il passato glorioso e leggendario di Semifonte. I resti di una potenza commerciale ed economica che generava opportunità, modelli di sviluppo e pullulava di vita, a cominciare dall’oro blu, l’acqua. Il mito cede il posto alla storia, l’immaginazione lascia il passo alla realtà quando ancora oggi agli occhi dei visitatori, nelle aree boschive circostanti, appaiono avvolte dal mistero e dalle suggestioni della devozione popolare, la Fonte di Santa Caterina, la Fonte della Docciola e la Fonte Alloro, le tre sorgenti che spiegano il toponimo Summus Fons. A parlare del mito di Semifonte, è anche Dante Alighieri, che la cita nella Divina Commedia. “Se la gente ch'al mondo più traligna non fosse stata a Cesare noverca, ma come madre a suo figlio benigna, tal fatto è fiorentino e cambia e merca, che si sarebbe volto a Simifonti, là dove andava l'avolo alla cerca” (Paradiso XVI, 58-63). E adesso, dopo oltre 40 anni dagli ultimi studi archeologici, si torna ad indagare sul rapporto che intercorre tra la superficie e il sottosuolo, sulle tracce dell’identità millenaria della città-mito di Semifonte in Val d'Elsa, capitolata sotto l’ira, gli inganni e i tradimenti congegnati dai fiorentini nell’aprile 1202.

Una realtà socio-economica, in graduale estensione, che rischiava di gettare un’ombra lunga sulla città gigliata e per questo, mettendo in atto un pesante conflitto, i fiorentini che mal sopportavano il canto derisorio “Va Firenze fatti in là /Semifon divien città” intonato dai semifontesi, rasero al suolo la nemica valdelsana, dove risiedevano oltre 1200 persone.

Conoscere e riportare alla luce la città fortificata che si estende e si sviluppa sotto il Duomo della Valdelsa e il borgo di Petrognano, nel Comune di Barberino Val d'Elsa, è l’obiettivo dell’inedita stagione di ricerche, ispezioni archeologiche e analisi geofisiche di portata internazionale che prende avvio con il coinvolgimento di enti pubblici, università e il Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma. Da oggi, martedì 26 settembre a giovedì 28 settembre, si compie il primo passo concreto del progetto “Semifonte in Valdelsa, Città degli Alberti. Un mito medievale tra storia, archeologia pubblica ed innovazione metodologica”, promosso dall'Unione comunale del Chianti fiorentino, dai Comuni di Barberino Val d'Elsa, Certaldo e di San Casciano in Val di Pesa quale capofila del Sistema Museale del Chianti e del Valdarno Fiorentino, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio Regionale della Toscana, l'Università degli Studi di Firenze e le associazioni Amat (Associazione dei musei archeologici della Toscana), Pro Loco Barberino Val d'Elsa Gruppo Archeologico Achu, presieduta da Roberto Agnorelli, e Rotary Club Valdelsa. “E’ un importante progetto di rete che torna a studiare una delle aree archeologiche più ambite dagli studiosi, analizzate sin dagli anni ’60 – spiega il sindaco di Barberino Giacomo Trentanovi – un’impresa colossale che attiva collaborazioni e relazioni internazionali, archeologi italiani e polacchi delle Università di Firenze e Varsavia, condurranno insieme nel corso della settimana le ispezioni archeologiche attraverso l’utilizzo di strumentazioni sofisticate e innovative come il georadar, utile a rilevare la presenza di accumuli di crolli o strutture sommerse nel sottosuolo”.

Le prospezioni per la diagnostica archeologica saranno condotte dai docenti universitari Guido Vannini e Andrea Vanni Desideri dell'Università degli Studi di Firenze, con la partecipazione dei colleghi dell'Università di Varsavia i docenti Andrzei Buko, Tomasz Herbic, e in rappresentanza del Cnr di Roma Salvatore Piro dell’Istituto per le tecnologie applicate ai Beni Culturali e gli studenti del Corso di Archeologia medievale e della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici. “Un grande lavoro di squadra e di coordinamento - prosegue l’assessore alla Cultura ed Eventi del Comune di Certaldo Francesca Pinochi - per la salvaguardia e valorizzazione del nostro patrimonio, di estremo interesse storico e culturale. Un ulteriore passo avanti, dopo la firma del protocollo, teso alla tutela e conoscenza dei nostri territori”. I fiorentini otto secoli fa tolsero ogni diritto di vita e ricostruzione a Semifonte. Ma la terra e la sua storia, tanto amata quanto odiata, continuò a far parlare di sé, anche dopo la distruzione, attraverso i versi del Sommo Poeta nel sedicesimo canto del Paradiso e le descrizioni dettagliate del conflitto di Pace da Certaldo, autore della Istoria della guerra di Semifonte, scritta probabilmente tra il 1320 e il 1332. Oggi sono l'archeomatica e l'archeologia leggera e territoriale a riscattare la terra dei vinti. “Ci avvarremo di attività non tradizionali né invasive – spiegano gli archeologi - che si avvalgono dell'uso combinato di strumentazioni innovative per diagnosticare l'identità di un mito che da tempo attende di essere svelato”.

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