Il pericolo virale del brivido

Il commento

Firenze, 27 aprile 2017 - Tutto sta nel punto ‘T’, c’è chi ce l’ha e chi no. A sostenerlo numerosi studi sulla personalità. Il punto ‘T’ sta per thrill, che significa brivido. Non bisogna cercarlo, lo hanno già trovato - e calibrato - i ricercatori della psiche umana. E’ la risultante della conoscenza, gente, dunque bisognerebbe esserne orgogliosi. In vero, non c’è da essere felici di questa nuova unità di misura. Perché se nessuno prima d’ora s’era preoccupato di analizzare il senso delle emozioni forti, di individuarne le cause e di calcolarne peso e gittata, è solo perché fino a qualche tempo fa pochi diavoli provavano a gettarsi da un terrazzo, a saltellare da un tetto all’altro o a lanciarsi dalla spalletta di un ponte su un treno in corsa. E non lo facevano per gioco, né per cercare il brivido. In ogni caso l’evento restava confinato entro la cerchia familiare, come una vergogna.

Adesso invece, se va bene si è protagonisti sui social e velocemente si diventa virali, e se va male si finisce in ospedale o al camposanto, e si fa cronaca e statistica. Certo c’è qualcosa di insano in questa crescente corsa all’estrema follia che prende nomi inglesi, come balconing, binge drinking, choking game, eyeballing, ghost riding, ma è una tendenza che sempre più conquista gli italiani. E nessuno studioso né legge alcuna potranno mai riuscire a limitarne la portata. Diceva Madre Teresa: la vita è gioco, giocala. Non intendeva certo questo. Piuttosto: la vita è il punto ‘T’, tienitela stretta.