Bracconieri fanno strage di specie protette. Nel paradiso dei sub non c’è più un pesce

Capraia, cancellata per sempre la Cerniopoli simbolo del Tirreno

Gli uomini della Guardia costiera hanno trovato varie cernie morte

Gli uomini della Guardia costiera hanno trovato varie cernie morte

Portoferraio, 27 giugno 2016 - ERA UNA DELLE METE simbolo del mare dell’Arcipelago Toscano. Definita «Cerniopoli», nelle acque di Capraia, era divenuta un vero e proprio paradiso per i sub che potevano «giocare» con due gruppi di grosse cernie - ben 15 esemplari tra i 15 ed i 30 chili di peso ciascuna. Lo scorso ottobre è stata cancellata per sempre dalla mano dell’uomo. Questo è l’ultimo (in ordine di tempo) eclatante episodio dell’azione dei bracconieri del mare, che nelle acque delle isole del Granducato continuano ad agire indisturbati. Soprattutto in inverno quando, per vari fattori, tenere d’occhio i tratti di mare protetto, attorno alle isole più piccole e lontane dall’Elba, diventa più difficile.

LA SITUAZIONE sembra essere migliorata solo a Pianosa, grazie al sistema di videosorveglianza predisposto dal Parco nazionale, ovvero al radar che segnala le imbarcazioni che entrano nella fascia di un miglio dalla costa, dove non solo la pesca, ma anche semplice accesso sono off-limits. E grazie anche all’attività della Capitaneria di Porto di Portoferraio che - in attesa di schierare stabilmente sull’isola a luglio e agosto una motovedetta - da qualche tempo ha intensificato i controlli che, per non dare punti di riferimento ai bracconieri, vengono effettuati in orari sempre diversi, abbracciando tutte le fasce orarie, compresa la notte.

IL BRACCONAGGIO presente nell’Arcipelago Toscano non è però solo quello messo in alto da quei pescatori “professionisti” che non si fanno scrupoli a calare reti o palamiti nelle zone interdette alla pesca delle aree marine protette che circondano Montecristo, Capraia, Gorgona e Giannutri o nell’area naturale marina di Pianosa, ma anche e soprattutto dai pescatori sportivi.

«Tra questi – spiega il comandante del porto, capitano di fregata Emilio Casale – c’è chi cattura un quantitativo di pescato ben superiore ai 5 chili di legge e poi lo vende ai ristoranti a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati dai pescatori professionisti e responsabili, arrendo un danno anche aloro. Noi cerchiamo di reprimere questo fenomeno effettuando controlli non solo in mare, ma anche al momento dello sbarco».

LA LIMITAZIONE dei 5 chili di pescato (o di un solo pesce in caso di peso maggiore) non è la sola regola che il pescatore sportivo - ovvero chiunque vuole cimentarsi nell’attività di pesca - deve rispettare. Bisogna anche stare attenti alla taglia minima dei pesci, che varia da specie a specie. Ad esempio le orate e cefali devono essere più lunghi di 20 centimetri, le spigole di 25 e i paraghi di 18. Ci sono poi specie di cui è vietata la pesca come i pesci cartilaginei, ovvero gli squali. E infine le cosiddette «specie protette», come il tonno rosso e il pesce spada, per i quali vanno rispettate rigide prescrizioni su dimensioni, numero di esemplari e periodi di cattura. Chi non rispetta queste regole rischia pesanti sanzioni. Per chi cattura specie protette o pesci sottomisura si va nel penale, con arresto da 2 mesi a 2 anni o ammenda da 200 a 12mila euro. Chi pesca in zone o periodi vietati o, in caso di pescatore sportivo, usa attrezzi non consentiti (reti e palamiti fissi con oltre 200 ami possono essere utilizzati solo dai professionisti), così come chi viene sorpreso con più di 5 chili di pesce rischia una sanzioni amministrativa di 4000 euro.