Etruria, da Atlante la scorciatoia per la vendita a Ubi: al fondo i crediti deteriorati?

E' una cifra per le good bank di circa 2,5 miliardi: in pochi giorni la stretta decisiva attraverso la decisione della Bce

Bertola e Nicastro

Bertola e Nicastro

Arezzo, 23 novembre 2016 - Banca Etruria sale sulle spalle di Atlante (2). Non è in questo caso il gigante della mitologia che notoriamente si portava il peso della Terra, ma più semplicemente il fondo, alimentato dal sistema creditizio, che potrebbe (dovrebbe, secondo le ultime indiscrezioni) farsi carico dei crediti deteriorati delle Good Bank (principalmente Marche) emersi nell’ultimo anno, spianando così la strada all’acquisto da parte di Ubi.

La questione è tecnicamente complessa. In pratica si tratterebbe di una cartolarizzazione attraverso la quale deteriorati lordi per 3,7 miliardi e netti per 2,5 passerebbero ad Atlante 2, il «figlio» legittimo del primo fondo Atlante, quello che era nato per assumersi l’onere degli Npl dell’intero sistema bancario ma che poi ha finito per trasformarsi lungo la strada nell’azionista quasi unico delle Popolari venete (Vicenza e Veneto Banca) ridotte in condizioni persino più critiche di Etruria & C., ma alle quali, dopo l’amara esperienza del decreto di risoluzione è stato risparmiato il fallimento.

Non tutta la dotazione tuttavia era stata spesa nell’operazione e con quello che è avanzato, più i nuovi finanziamenti, Alessandro Penati, presidente di Atlante, sta trattando con Roberto Nicastro, il numero uno delle Good Bank, questo nuovo intervento. A quel punto, liberata dal peso morto delle sofferenze, Ubi avrebbe la strada spianata per l’acquisto. A patto che, ovviamente, domani non salti tutto nella riunione del supervisory board di Bce che si svolgerà domani a Francoforte, presieduto dalla francese Daniele Nouy.

Lì all’ordine del giorno ci sarà il piano presentato dall’amministratore del gigante del credito popolare bergamascobresciano Victor Massiah, che sarebbe disponibile a un aumento di capitale da quasi mezzo miliardo ma ad alcune condizioni: l’accettazione dei modelli interni di contabilità di Ubi, più favorevoli rispetto a quelli di Etruria e delle sorelle e il bonus fiscale che consentirebbe alla banca acquirente di abbattere le tasse grazie alle perdite delle good bank.

Si parla anche di un aumento di capitale da 250 milioni che Etruria e le altre dovrebbero fare prima della cessione per ripatrimonializzare dopo un anno di gestione che non è stato certo facile. Le indiscrezioni della vigilia dicono che da Francoforte stavolta la risposta potrebbe non essere rigida (anche se non definitiva) come quella della fine di settembre, quando Ubi fu stoppata a un passo del traguardo proprio sull’insufficienza dell’aumento di capitale.

Le diplomazie sono tutte al lavoro perchè non si tratta soltanto di una questione che riguardi quattro (anzi tre, visto che Cariferrara è fuori dall’accordo) di dimensioni regionali, ma di un problema di sistema per l’intero comparto bancario, che già con la soluzione Ubi si prepara a perdere gli 1,8 miliardi della ricapitalizzazione di un anno fa: si sperava di recuperarli grazie alla vendita e invece non torneranno mai in cassa.

Se si appiana l’ostacolo Francoforte e se va in porto il piano Atlante 2, un primo step di intesa con Massiah potrebbe arrivare fra la fine di novembre e i primi di dicembre. Per il contratto vero e proprio, invece, ammesso che ogni casella vada al suo posto, bisognerà aspettare il primo trimestre 2017.

di Salvatore Mannino