Nonno partigiano la montagna e quel racconto da non disperdere

Per tutti era "il nonno partigiano". Fortunato Menichetti da Torre del Lago, classe 1924, il partigiano sui monti che incorniciano la Versilia e Viareggio l’aveva fatto per davvero nel 1944. E il ricordo di quei mesi passati con l’incubo giornaliero della morte, stemperato dal coraggio di un ventenne e dalla voglia di libertà che animava anche i compagni di avventura, era diventato nel corso del tempo la sua ragione di vita: diffondere il ricordo di quell’epopea intrisa con l’impegno di costruire un futuro migliore, ma segnata da tanti lutti e da drammi – a cominciare la strage di Sant’Anna di Stazzema, 560 vittime - con i quali non era facile convivere. Fortunato Menichetti, scomparso del 2020 a 96 anni suonati, aveva una memoria di ferro e il cuore caldo: quando si avvicinavano gli anniversari dei giorni più cupi dell’estate di sangue del 1944, non era più la stessa persona.

Nella sua mente riaffioravano nitidamente, momento dopo momento, episodi, particolari, volti: la battaglia di monte Ornato e la scoperta di “cosa” era quell’ammasso informe nella piazza della chiesa di Sant’Anna il 13 agosto 1944, il giorno dopo la strage.... Si commuoveva e talvolta con un fazzoletto asciugava la lacrimona che spuntava dai suoi occhi sempre vispi e acuti, occhi che erano anche il suo strumento di lavoro, visto che per oltre mezzo secolo aveva fatto il fotografo, gestendo un negozio sulla Passeggiata di Lido di Camaiore, assieme ad un altro fotografo - Rodolfo Benedetti - che ha fatto la storia della Versilia degli anni ruggenti.

Ma una volta andato in pensione, Fortunato aveva deciso – seguendo un vecchio consiglio di due carissimi amici, il presidente della Repubblica, Sandro Pertini e il presidente della Corte Costituzionale, Leonetto Amadei – di mettere nero su bianco i suoi ricordi. Così era nato il primo libro, “Diario del nonno partigiano”, che aveva fatto presa sui giovani, tanto è vero che Fortunato, testimone di quei tempi, era diventato un globetrotter della memoria. Decine e decine gli incontri con i ragazzi delle scuole versiliesi. "Ogni volta mi sembra di ringiovanire", raccontava. "Mi fa piacere che gli studenti abbiano voglia di sapere, vogliano capire, essere informati: io sono a disposizione". Con slancio e passione civile, “il nonno partigiano” con un’oratoria che lasciava poco spazio alla retorica, aveva fatto centro.

Così il primo “Diario del nonno partigiano”, era diventato una sorta di libro di testo di storia locale. Sei edizioni, sempre aggiornate, arricchite di nuovi ricordi e interventi. Anche con qualche polemica incorporata, sulla colorazione della Resistenza, che lui socialista doc, ha sempre visto come un movimento con più anime e un denominatore comune: l’antifascismo. Fortunato non c’è più ma i suoi libri scritti con uno stile semplice restano e sono memoria vera. A disposizione di tutti. Un patrimonio da non disperdere.