Dipendenti a stipendio zero, cresce la rabbia

Alla Perini non è ancora arrivata la Cassa integrazione. Righi (Rsu): "Situazione drammatica. sindacati e istituzioni ci hanno lasciato soli"

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Senza più un euro da 3-4 mesi. Senza troppi giri di parole è questa la triste (o forse meglio dire drammatica) situazione in cui versano gli ottanta lavoratori della Perini Navi (con i cantieri a Viareggio e alla Spezia) all’indomanI del fallimento del prestigioso marchio della Darsena. Ottanta dipendenti ancora in attesa di ricevere dall’Inps la cassa integrazione. Purtroppo in Italia fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E in questo mare burrascoso navigano i lavoratori della Perini, rimasti sospesi tra le rassicurazioni di poter beneficiare degli ammortizzatori sociali e e le promesse di far ripartire il lavoro all’interno del cantiere. E così a gennaio hanno incassato una cifra (modesta) per il lavoro svolto prima della sentenza di fallimento, a febbraio hanno ricevuto un anticipo dal curatore fallimentare e poi da marzo più niente. Zero euro.

Ovvio che la tensione sta salendo fra i dipendenti e le loro famiglie. Anche perché si sentono abbandonati da chi invece avrebbe dovuto tutelarli: i sindacati da una parte e le istituzioni dall’altra. "All’Ilva di taranto gli operai dormivano dentro il cantiere. Invece da noi – dice adesso Fabio Righi, uno degli ottanta dipendenti rimasti senza stipendio e componente della Rsu aziendale – tanti erano contenti se la Perini falliva. Ma io lo dicevo che il fallimento sarebbe stata una tragedia. Per tutti. E ora ne paghiamo le conseguenze a caro prezzo. I sindacati e le istituzioni, invece, l’avevano fatta troppo semplice: si riparte subito con un affitto d’azienda, ci dicevano per rassicurarci. E invece niente affitto d’azienda. Si aspetta l’asta". Ma anche su questo fronte le certezze sono poche, le paure invece tante.

"Chi sarà il compratore? – si chiede Fabio Righi – Che interessi avrà sull’azienda? Quanti di noi saranno reintegrati al lavoro? Chi ci può dare garanzie e certezze? La realtà vera è che tutti noi lavoratori da tre mesi non vediamo un euro e non sappiamo neanche se la Cassa integrazione arriverà a giugno. E i sindacati adesso che cosa dicono? Dove sono? E le istituzioni che avevano promesso di essere al nostro fianco? Tutti spariti. E noi siamo rimasti con un pugno di mosche in mano".

Righi ricorda che i problemi dell’azienda hanno origini lontane. "Quando Perini vendette – spiega – c’era solo una barca in lavorazione e una quarantina di milioni di debito. Chi ha comprato pensava forse di acquistare con poco tre cantieri. Il resto è storia di oggi. Qualcuno, forse, non aveva simpatica la famiglia Tabacchi e l’amministratore. Ma tutti, sindacati e istituzioni comprese, dovevano lavorare per evitare il fallimento dell’azienda, anche se la colpa non era loro. Però adesso il peso di tutte le conseguenze è sulla spalle nostre e delle nostre famiglie".

Paolo Di Grazia