Allarme centri benessere "Lavoro nero con le chiusure"

Un’ecatombe pure per i centri benessere. A snocciolare i dati è Roberto Favilla, direttore di Confartigianato. Complessivamente in Italia operano oltre 149 mila imprese che danno lavoro a circa 263 mila addetti, mentre nella sola provincia di Lucca le imprese del settore sono quasi un migliaio. "Il Centro Studi di Confartigianato stima che a seguito del Covid-19 c’è stata una perdita di ricavi, in Italia, per 2,1 milioni di euro, circa il 33,6% in meno – afferma il direttore –. La concorrenza sleale dell’abusivismo, ampliata a seguito del lockdown e la chiusura delle attività del benessere nelle aree a maggior rischio determina gravi effetti sulle imprese regolari del settore. Sulla base di dati Istat si stima che nei servizi alla persona il tasso di abusivismo sia del 27,8% per cui la chiusura degli esercizi regolari nelle zone rosse, concede spazi a richieste di servizi irregolari caratterizzati da un vero e proprio esercito di abusivi costituito da oltre 42 mila soggetti".

Dal 6 marzo 2021 ad inizio aprile, nelle regioni collocate in zona rossa, la chiusura delle attività regolari ha reso contendibile all’abusivismo il 57,2% dei ricavi del settore del benessere sull’intero territorio nazionale. "L’abusivismo, ci pare superfluo ricordarlo, genera un danno economico e sociale ingente e compromette la qualità e la sicurezza dei trattamenti; le imprese regolari, infatti, seguono i rigidi protocolli covid-19 per distanziamento, igienizzazione e per i servizi su appuntamento – sostiene Favilla – . Determina inoltre evasione di imposte dirette e indirette oltre che dei contributi sociali ed una concorrenza sleale nei confronti di chi opera regolarmente".

"La spesa effettuata dalle famiglie a novembre 2020 per servizi di cura della persona – prosegue – è stata inferiore al periodo precedente la pandemia per 2 famiglie su 3 (67%) e il 37% ha smesso di ricorrere a questo tipo di servizi o lo fa in maniera saltuaria. Che i nostri politici, a livello nazionale e regionale facciano pressioni sul Governo perché questi operatori possano lavorare anche se sono in zona rossa perché lo fanno “in sicurezza”. Questo ci sembra – conclude – dopo le misure adottate per prevenire i contagi e dopo quanto sopra detto, il minimo da fare per non far morire la legalità e legittimare il lavoro nero".