SILVIA CONTICELLI
Cultura e spettacoli

Cina, le occasioni sono treni

Seconda puntata del diario di viaggio in Cina di una studentessa umbra / LA PRIMA PUNTATA

Xian, particolare della Torre del Tamburo (foto Alessia Rezzano)

Xian, particolare della Torre del Tamburo (foto Alessia Rezzano)

Pechino, 25 marzo 2016 - Non avrai la piena certezza che la moltitudine dei cinesi possa tranquillamente costituire un esercito di terra, fin quando non dovrai prendere un treno. I contorni titanici dell’impresa cominciano a definirsi già dalle dedaliche entrate in cui il paradigma della “排队”(pai dui, fare la coda) sembra poco più che un lontano ricordo. Nonostante addentrarsi in questo turbinoso vortice di valigie a forma di uomini e uomini a forma di valigie abbia tutta l’aria di una mossa fortemente autolesionista, la presa di coscienza dell’inesistenza di una rosa di alternative ci costringe all’attacco. Il nostro armamentario di cinque trolley e quattro zaini, le cui forme rievocano quelle dei personaggi dei quadri di Botero, non desta il timore sperato, privandoci di qualsiasi seppur vaga speranza di riuscire a guadagnare posizioni nella lotta verso l’illusorio varco. Chi, come noi, è abituato alla stanca sicurezza delle stazioni del Bel Paese non può certo immaginare che quella è solo la prima colonna umana che dovrà affrontare: il controllo incrociato di passaporto e biglietto.

Dopo la solita eloquente occhiata di rito, tra il serio e il faceto, ci bastano pochi passi per capire che ciò che ci attende attenta alla nostra e all’altrui incolumità più di quanto potessimo immaginare. La tirannica coppia di metal detector fa capolino all’orizzonte, preannunciando fatiche inenarrabili per posizionare i comodi bagagli sul nastro. I nostri timori non si rivelano infondati e, proprio quando l’attacco di cuore sembra imminente, ci rendiamo conto, ancora in preda a un certo stordimento, che il metal detector ha inspiegabilmente suonato al nostro passaggio, nonostante la biancheria intima fosse ormai l’unica cosa rimasta a coprirci. Realizzare che le uniche a cui il suono della fatale macchina abbia creato un qualsivoglia effetto siamo noi ci solleva da qualsiasi sospetto di terrorismo, aprendoci finalmente le porte di un mondo in cui KFC e McDonalds si sfidano nell’eterna competizione di chi sia in grado di utilizzare lo stesso olio di frittura per più giorni. Benedicendo l’esistenza delle scale mobili raggiungiamo la sala d’attesa del nostro treno e dopo l’ennesima fila per accedere al binario riusciamo finalmente a intravedere il mezzo dalle fattezze ormai quasi chimeriche. Ad attenderci 11 ore di treno notturno da Shanghai a Xian. L’ultimo alito di speranza riposto nella comodità dei sedili vola via nel momento stesso in cui la nostra schiena si adagia su una superficie quasi lignea e le nostre gambe comprendono che la loro sorte non sarà delle più entusiasmanti. A onor del vero il treno è moderno ed estremamente puntuale, circostanza che nell’italiano medio suscita sempre quei cinque minuti di incredulità mista a sincero stupore, oltre ad essere la chiara rappresentazione di questa Cina multiforme.

Il primo personaggio che cattura la mia attenzione è il “cinese poco cinese”, scuro in volto, coppola siciliana ben fissata sulla testa, dentatura dimenticata a casa, vecchio Nokia con annessa squillante suoneria dei messaggi della durata di 3 minuti. Siede al suo fianco la regale moglie che ci rende partecipi, con suoni poco rassicuranti, che la sua digestione è andata a buon fine. Il volume della conversazione tra i due oltrepassa di netto la barriera del suono. Sono le 23.30 e tutto va bene. La situazione degenera (ulteriormente) quando l’apparentemente innocuo signore seduto accanto ad una di noi decide di non poter esimersi dal comunicare con queste occidentali che il fato ha voluto fargli incontrare sul suo cammino. L’oscura legge della mente lo fa propendere per una conversazione tramite iPad: lui scrive le sue domande sul tablet e noi scriviamo le nostre risposte, corredate da risate di stanchezza in una notte che si prospetta infinita. Sono le 00.30 e l’apparentemente innocuo decide che forse è ora di concederci il meritato riposo. La notte procede tra inutili tentativi di trovare la posizione giusta, pianti improvvisi di bambini inquieti quanto noi, rumori di mandibola. Ore di sonno all’attivo al momento del nostro arrivo a Xian: una e mezza (forse), ma tanta esperienza accumulata, l’esperienza di quella Cina che si muove ai margini di un treno in corsa.