Botte e insulti alla moglie, ginecologo a giudizio

Il medico, un professionista in servizio all’ospedale di Perugia, l’avrebbe costretta a subire rapporti sessuali contro la sua volontà

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Avrebbe maltrattato per almeno sette interminabili anni la moglie, madre dei suoi figli. Botte, insulti, umiliazioni fino all’accusa più inquietante: aver costretto la coniuge a subire rapporti sessuali contro la sua volontà. Picchiandola, strattonandola, tirandole i capelli e prendendola a morsi avrebbe piegato la sua volontà dietro al timore di subire altre violenze. E’ l’inferno in casa quello descritto nel decreto che dispone il giudizio nei confronti di un noto ginecologo dell’ospedale di Perugia. Accuse che hanno persuaso il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Perugia, Valerio D’Andria a disporre il rinvio a giudizio del sanitario per tre capi di imputazione: dovrà rispondere di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, in questo caso del tribunale sull’affido.

L’udienza dibattimentale comincerà il prossimo 17 maggio 2022 davanti al secondo collegio. Il medico è difeso dagli avvocati Marco Brusco e Giuseppe De Lio mentre la moglie, adesso ex dopo la separazione, dall’avvocato Sergio Foscoli di Castiglione del Lago. In particolare le vessazioni e le violenze sarebbero andate avanti dal 2007 al 2015 - ma alcuni episodi risalgono anche al 2017 dopo un tentativo di riavvicinamento tra gli ex coniugi ormai legalmente lontani da oltre un anno – con insulti, anche davanti ai bambini, minacce e botte anche quando la donna era incinta all’ottavo mese di gravidanza. L’elenco delle condotte che gli vengono contestate dalla Procura di Perugia è lunghissimo e, a tratti, indicibile.

Il medico sarebbe arrivato anche a infilarle la testa nel water, a usare la cinghia della serranda per colpirla, a infilarle in gola - per aver rifiutato un rapporto sessuale - il tubo della doccia mentre erano in vacanza a Venezia. Stando al racconto della vittima la violenza aumentava con la volontà della moglie di difendersi e di reagire ai soprusi. Agli atti dell’indagine la denuncia della donna che, proprio per questo motivo – è riportato nell’imputazione – decise alla fine di separarsi, l’informativa della polizia giudiziaria e l’interrogatorio dell’indagato.

Nel corso dell’udienza preliminare la donna si è costituita parte civile nel processo che inizierà in primavera. Nell’atto di costituzione è contenuta anche la motivazione del perché la donna abbia deciso di denunciare ad anni di distanza, "l’elaborazione dell’esperienza traumatica vissuta è stata lunga e difficile da affrontare ed ha provocato una grave sofferenza nella donna. In un tale contesto ha inoltre prevalso l’atteggiamento di protezione verso i figli".

Fino a quando - stando al racconto - nel 2017 (quando erano già separati) durante una cena con i figli nella nuova casa dell’uomo - che la donna avrebbe accettato per assicurare ai figli una condizione familiare più serena - sarebbe di nuovo esplosa la violenza e lui l’avrebbe "presa per il collo scaraventandola contro il termo-arredo, facendole pressione con un pugno tanto da spaccarle il labbro e procurandole graffi al viso ed al collo".

Agli atti anche chiavette usb contenenti foto di lividi e ferite e referti medici. Il processo a carico del noto ginecologo dell’ospedale di Perugia, come detto, inizierà a metà maggio del prossimo anno.