Da Firenze all’Africa, il docufilm che racconta la piaga della siccità sbarca su Netflix

Autori del docufilm ‘50 Liters Life’ sono Caterina Tarducci e Riccardo Sartori

Caterina Tarducci e Riccardo Sartori

Caterina Tarducci e Riccardo Sartori

Firenze, 11 settembre 2022 – Per la loro prima esperienza dietro la macchina da presa, hanno scelto un tema di stretta attualità: quello della siccità. Per realizzarlo Caterina Tarducci e Riccardo Sartori, produttori e registi e coppia anche nella vita, sono partiti dalla loro Firenze per raggiungere il Sudafrica. Ne è nato il documentario ‘50 Liters Life’ che racconta questa piaga e come riescono gli abitanti a vivere con appena 50 litri d’acqua al giorno. È appena sbarcato su Netflix. Riccardo Sartori, come è nata l’idea di questo docuflm? “Tra il 2015 e il 2018 in Sudafrica c’era una grande siccità ma in Italia se ne parlava poco. Io e la mia compagna ci siamo documentati e abbiamo deciso di andare sul posto per raccontare come i cittadini hanno superato questa crisi. Il governo all’epoca aveva imposto un limite massimo di 50 litri per persona al giorno: possono sembrare tanti, ma in realtà l’utilizzo medio in Italia, come in Europa, va dai 200 ai 300 litri per persona al giorno”. Come avveniva il rifornimento dell’acqua? “Attraverso dei rubinetti pubblici, che distribuivano al massimo 50 litri a testa. Attraverso questo sistema sono riusciti a posticipare sempre di più il ‘giorno zero’, quello cioè in cui sia dai rubinetti di casa che da quelli pubblici, non sarebbe uscita più acqua, e tutta Città del Capo, con i quattro milioni di persone che vi abitano, sarebbe rimasta a secco”. Cosa racconta il vostro docufilm? “Raccontiamo la storia dello sforzo di un’intera comunità, dei cittadini e anche del governo di Città del Capo, che alla fine ce l’hanno fatta. Sono riusciti a posticipare il ‘giorno zero’ prima di una settimana, e poi di altri giorni, fino a quando non è arrivata la stagione delle piogge e la crisi è stata superata. Raccontiamo non solo l’impatto ambientale della crisi idrica, ma anche le ripercussioni sociali. L’impatto cioè sui cittadini, sui senzatetto, su coloro che vivono in baraccopoli, ma anche sugli allevamenti e in agricoltura. Abbiamo realizzato un quadro della situazione in cui si vede chiaramente come tutti questi aspetti siano collegati tra loro”. Il docufilm ha un significato universale? “Abbiamo parlato del Sudafrica ma il discorso della siccità va inquadrato in un discorso più ampio, perché riguarda altri Paesi sia dell’Africa che del mondo. I comportamenti e le strategie messe in atto in Sudafrica possono essere presi a modello anche in altre zone. Anche da noi quest’estate si è parlato di razionamento idrico, e può darsi che in futuro dovremo affrontarenuovamente questa problematica, dunque ci tornerà utile fare tesoro dell’esempio sudafricano”. In quanto tempo avete girato il docufilm? “In una ventina di giorni, nel 2017. Ci siamo informati di questa crisi idrica dall’Italia, abbiamo preso contatto con una persona del posto che ci ha guidato nel raccogliere tutto il materiale, e lì abbiamo fatto le riprese e le interviste”. Dove è possibile vederlo? “È già su Netflix da luglio, dunque è visibile in tutta Europa. Un bel traguardo, anche perché ‘50 Liters Life’ è il nostro primo film. Cinque anni fa ci siamo lanciati in quest’avventura senza sapere cosa aspettarci, e oggi essere sbarcati su questa piattaforma così importante è una grandissima soddisfazione. Prima siamo stati trasmessi in Inghilterra, Pakistan e Grecia, ora per la prima volta anche in Italia”. Come siete entrati in contatto con Netflix? “Due anni fa abbiamo firmato un contratto con un’agenzia di distribuzione inglese, ci hanno fatto da agenti e ci hanno promosso in vari Paesi d’Europa e del mondo, entrando anche in contatto con Netflix”. Com’è nata la passione per la cinematografia? “Io mi divertivo con la fotografia e la mia compagna è laureata in Scienze agrarie. Lavoriamo bene insieme in questo tipo di progetti perché oltre al lato artistico, abbiamo una visione d’insieme anche tecnica degli aspetti, che ci permette di trattare questi temi e di spiegarli al pubblico”. Progetti futuri? “Abbiamo fatto un altro film che s’intitola ‘Tied into me’ (2021) che uscirà prossimamente, ed è sempre legato a un tema ambientale. Nel 2019 c’è stata infatti l’acqua alta a Venezia che ha sommerso gran parte della città. La storia riguarda quell’evento e in particolare una persona che ha perso la sua casa e si è ritrovata senza un posto dove stare”.