Haiti, una crisi senza fine. La testimonianza di Suor Marcella Catozza

La Missionaria Francescana gestisce il Vilaj Italyen di Porte au Prince con l’aiuto di Agata Smeralda

Suor Marcella Catozza

Suor Marcella Catozza

«Sono ormai dieci giorni che, a causa della violenza che sta accadendo nel paese, non possiamo lasciare la Kay Pè Giuss: scuole chiuse, mercati e negozi sbarrati, barricate di pneumatici infuocati in strada, pompe di benzina assaltate, automobili incendiate e spari». La Kay Pè Giuss è una casa di accoglienza che ospita circa 140 bambini che si trova all’interno del Vilaj Italyen di Porte au Prince, ad Haiti. A descrivere la situazione è Suor Marcella Catozza (nella foto), Missionaria Francescana che gestisce il villaggio e porta avanti progetti benefici, sostenuti ogni mese da Agata Smeralda. «La città brucia, direbbe Nerone. Il paese è nel caos, dico io – prosegue Suor Marcella -. E mentre da voi i pastori rovesciano a terra ettolitri di latte noi non ce l’abbiamo, come non abbiamo pane, verdura, frutta... cominciano a scarseggiare i beni di prima necessità».

Come spiega la religiosa, il gourdes, la moneta locale, va a picco ogni giorno di più. Il costo della farina è triplicato, le attività chiudono e chi rimane aperto deve aumentare i prezzi. È difficile trovare anche il riso, perché gli importatori si sono bloccati: l’insicurezza del paese ha fatto rallentare le importazioni e l’annullamento delle franchigie doganali ha fatto il resto. La violenza è esplosa ovunque. «Noi stiamo bene e la Kay è come sempre piena di allegria, di vita e colori – spiega la religiosa -. Ieri pomeriggio abbiamo finito l’acqua non potabile... storia vecchia, ci siamo abituati ultimamente... ma senza cercare chissà quali aiuti, tanto abbiamo visto che non si muove nessuno. Ho chiamato Padre Rick con cui avevo lavorato i primi anni qui e che era venuto a trovarmi un po’ di tempo fa proprio per sapere come andavano le cose qui da noi. Mi aveva detto di chiamarlo se mi fosse servito aiuto e così... eccomi... e ovviamente oggi ci ha portato due camion di acqua, mettendoci ore per arrivare, contrattando a ogni barricata per farsi aprire, mettendo in campo i suoi boys e riuscendo a passare incolume con la sua colonna di mezzi. Due camion di acqua: uno per noi ed uno per la gente di Waf che, come noi, non sa più dove prenderla. E pochi minuti fa ce ne ha mandato un altro. Domani finiremo l’acqua potabile e vediamo come il buon Dio arriverà in nostro aiuto, che volto assumerà domani!»

La situazione è pesante, spiega Suor Marcella: basti pensare che è stato proclamato il ‘lok pey’, il blocco del paese. «Vogliono portare un milione di haitiani in strada a manifestare e, se le cose resteranno così, la gente scenderà sì in strada per fame e per sete - spiega Suor Marcella -. In tutto questo la nostra partenza dal Paese sarebbe impossibile in quanto non ce la faremmo a raggiungere l’aeroporto. Purtroppo il vero problema non è questo, ma piuttosto quello che ci sono stati rifiutati i visti purtroppo di tutti i tipi, sia turistici che di studio, finanche per i due quattordicenni per i quali eravamo davvero sicuri di poterli avere. Come a Monopoli, quindi, si riparte dal via senza paura, senza scoraggiamenti, senza lamentele, certi che chi compie i disegni è il Buon Dio e si tratta sempre di disegni buoni».

Nessuno si arrende. Da Haiti sono in contatto con il Viminale per capire come possa essere creato un corridoio umanitario che permetta la partenza dei bambini. «A Roma hanno mostrato di volerci aiutare davvero e stanno tutti sostenendo questa nostra partenza. Cambieranno i tempi certamente, ma l’attesa ci renderà più forti e certi, perché renderà sempre più evidenti le ragioni e l’amicizia che le sostiene e i nostri bambini impareranno che nella vita bisogna lottare per ciò in cui si crede».