Siena, 1 settembre 2023 – «Vanno rimproverati, per carità, non si fa pugilato per strada ma in luoghi dove ci sono le sicurezze del caso, le palestre federali e gli insegnanti. Diciamo che facevano la cosa giusta nel luogo sbagliato», sostiene Achille Cocco. Una passione smisurata per la boxe che l’ha visto sul ring per molti anni e adesso vice presidente Toscano del Comitato regionale della Federazione pugilistica italiana. Soprattutto tecnico dell’Asd Boxing club. Letta la storia dei ragazzini che facevano pugilato con tanto di guantoni al parco dell’Ochino all’Acquacalda, ha deciso di lanciare un appello ai giovanissimi protagonisti del video. «Ribadito che ciò che hanno fatto richiede luoghi e modi adeguati mi sento di invitarli, se vogliono, a seguire un corso di pugilato. Gratuito, naturalmente. Si possono presentare presso il Boxing Club (la sede è in via Mencattelli presso l’associazione culturale ’Motus’, ndr) – per scoprire cosa è veramente il pugilato, lo stare in gruppo, il confrontarsi secondo le regole». Dunque, la mano è tesa. Un’occasione d’oro che dimostra ancora una volta come la boxe possa essere un’importante «palestra» di vita.
Non è la prima volta che il Boxing Club sta ’vicino’ ai giovani. Soprattutto a quelli che, magari, si trovano in difficoltà economiche e vengono da situazioni disagiate per cui non si potrebbero permettere l’iscrizione.
«E’ un po’ nel dna di questo sport che allarga le braccia a tutti. Abbiamo naturalmente una decina di agonisti ma in passato ci sono stati dei giovanissimi, 7-8 problematici che, grazie ad un percorso e ad un piano di inserimento, hanno migliorato notevolmente la loro condizione».
Ci può fare un esempio?
«Frequentando la nostra palestra un ragazzo un po’, per così dire, scalmanato, non solo si è iscritto nuovamente alle scuole serali conseguendo il diploma. Adesso ha anche trovato un lavoro. Il pugilato insegna che di fronte hai un avversario e non un nemico, non ci sono scuse perché solo da te dipende il rendimento».
Da voi c’è anche una ragazza arrivata dall’Ucraina.
«Aveva fatto boxe nel Paese da cui è fuggita pochi giorni dopo l’esplosione della guerra, arrivando nella nostra provincia. Frequenta tuttora il Boxing Club, un’utile strada per l’integrazione».
Attraverso l’attività che svolge avverte il disagio di molti ragazzi?
«Non è banale ribadire che la società è cambiata. Prima era normale tornare a casa e trovare un genitore, adesso servono due stipendi per andare avanti e, magari, il ragazzo è solo da mattina a sera. Poi i social: ore a vedere cosa accade, manca il contatto fisico e la parola. E questo sovente causa scompensi nella capacità di rapportarsi con gli altri sotto ogni punto di vista. Non consideriamo i giovani solo merce e consumatori, sono esseri umani che hanno bisogno di esprimere il disagio ma anche le immense doti che posseggono».