"Le fusioni a freddo sono rischiose"

Unicredit e Mps verso le nozze. Il sindaco chiede "piani industriali"

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di Pino Di Blasio

La frase a caldo del sindaco Luigi De Mossi, il commento strappato ieri mattina dopo l’addio annunciato di Jean Pierre Mustier alla guida di UniCredit e l’accelerazione verso il matrimonio con il Monte dei Paschi, anticipa le reazioni del mercato e di osservatori internazionali sull’ultima mossa del risiko della finanza. "Penso che le fusioni a freddo siano sempre rischiose - ha detto De Mossi - soprattutto se prevale la politica rispetto ai piani industriali. Vediamo bene quali sono i progetti, prima di parlare di aggregazioni".

Qualche ora dopo il Financial Times storicizza le perplessità sulla futura operazione: "I governi non dovrebbero forzare le banche ben gestite a ripulire gli errori di quelle mal gestite. Le condizioni devono essere di mercato. Altrimenti - scrive il quotidiano della City - le direzioni di viaggio per gli investitori saranno opposte a quelle dell’epoca imperiale: tutte le strade condurranno lontano da Roma".

Sono le reazioni più ’letterarie’, le altre sono molto più dirette. Da Forza Italia Siena che "torna a sostenere che sia necessario prorogare la proprietà pubblica della Banca oltre il 2021; questo per consentire di sviluppare una operazione idonea a non penalizzare le esigenze dei territori di riferimento e delle persone che lavorano in banca. il rischio è che un’operazione di fusione,

fatta con la spada di damocle della scadenza 2021, mandi al macello tanti posti di lavoro in Toscana". Poi l’insistenza di Lando Maria Sileoni, segretario Fabi, che ripropone il polo a tre con Mps, CariGe e PopBari, con l’idea di mettere insieme tre debolezze per fare una forza. Principio che non vale per la fisica, tantomeno per la finanza. Infine la frase dell’onorevole Claudio Borghi, che per la Lega si candidò sfidando Pier Carlo Padoan nel collegio senese e perdendo per poche migliaia di voti. "Padoan finirà per essere l’acquirente e il liquidatore di Mps - e mi auguro non sia così - che non è una banca come le altre, ma la più antica del mondo".

Mettendo a tacere un attimo le voci degli altri, vanno registrate le ultime novità dalle parti di Rocca Salimbeni. Ieri scadeva il termine per il bond T1 da 700 milioni di euro per chiudere l’operazione Hydra e provare a rimpinguare il patrimonio della banca. Le novità su UniCredit hanno reso più agevole il collocamento di un bond Mps, senior a 5 anni da 750 milioni di euro. L’emissione, secondo quanto riporta Bloomberg, "ha raccolto ordini robusti, superiori a circa 1,85 miliardi di euro, e il rendimento si è abbassato a quota 240 punti base sopra il tasso mid-swap". In Borsa, mentre il titolo Unicredit ha bruciato un miliardo e mezzo di capitalizzazione, scivolando dell’8%, l’azione Mps è tornata sopra 1,20 euro, segnando + 3,70%.

Ma sono dettagli rispetto a quello che potrebbe succedere entro la fine dell’anno. Il cda di Unicredit, con Pier Carlo Padoan al vertice, è già a caccia del successore di Mustier e vorrebbe un nuovo ceo che conoscesse il sistema bancario italiano. Tra i tanti papabili, c’è anche Marco Morelli, ad del Monte dei Paschi fino a giugno 2020, ora numero 2 di Axa. Toccherà al nuovo ad Unicredit preparare quei piani industriali invocati anche dal sindaco De Mossi. Le uniche strategie che possono dare risposte sul fronte degli esuberi paventati (si parla di 6-7mila tagli), di altre chiusure di sportelli (c’è poca sovrapposizione, soprattutto in Toscana, tra Unicredit e Mps) e sul ruolo del marchio. Ma è difficile pensare che ci sia un manager bancario disposto a rinunciare al logo della banca più antica del mondo. Con 4 milioni e mezzo di clienti, oltre 100 miliardi di raccolta e altri asset che farebbero gola a chiunque.