Fibre sostenibili, dal seme al raccolto. Nel distretto della lana spunta il lino

Il progetto fa capo al gruppo Marzotto, che a Prato ha avviato le coltivazioni. Destinate ad ampliarsi

La lavorazione della fibra di lino

La lavorazione della fibra di lino

Prato, 4 dicembre 2022 - A Prato si coltiva il lino. Lo storico distretto laniero specializzato nella produzione del cardato rigenerato, tessuto simbolo dell’economia circolare, diventa ora patria di un’altra fibra tessile sostenibile, il lino derivato da piante invernali. Che si coltivano in un terreno agricolo della Piana pratese: 5 ettari di coltura che entro il 2024 raddoppieranno a 10. La fibra, mietuta e poi fatta macerare sul terreno, quindi filata e lavorata, entrerà nella linea di ’Lino d’Italia’, brand di alta gamma che riunisce l’intera filiera – tracciabile dal seme al filato – dell’azienda Linificio e Canapificio Nazionale Società Benefit che, con 52 milioni di fatturato nel 2021, fa capo al gruppo Marzotto.

Il lino invernale è la varietà della pianta che cresce durante l’inverno a basse temperature, anche sotto la neve. Si tratta di una fibra biodegradabile e compostabile al 100%. Altre coltivazioni della linea dell’azienda sono a Bergamo, nella sede della società a Villa d’Almè, in Emilia Romagna e in Puglia. Luoghi scelti con una precisa strategia. A spiegarla è l’amministratore delegato di Linificio e Canapificio Nazionale, Pierluigi Fusco Girard: "Il lino è una delle migliori fibre al mondo per la sua sostenibilità e per le performance. Abbiamo realizzato diverse colture, tra cui una in Toscana, che applicano l’agricoltura rigenerativa. La scelta di Prato è simbolica, così rendiamo omaggio alle due aree in cui viene maggiormente utilizzato e valorizzato il tessuto: il distretto di Bergamo, dove c’è lo stabilimento, e quello pratese. L’obiettivo è quello di raddoppiare gli ettari entro il 2024, abbiamo già accordi con le imprese agricole".

Il progetto prevede una collezione made in Italy di prodotti in lino a km zero di alta gamma, proponendo sul mercato un’alternativa al lino di Francia (attualmente l’80% del lino mondiale). Il piano dell’azienda mira ad ampliare ancora le colture italiane fino a 75 ettari per realizzare una filiera sufficiente a fornire una linea di articoli. Girard pensa al futuro guardando alla tradizione: "Abbiamo sviluppato senza chimica un filato, 1873-The Ould Linen, unico al mondo. Lo coltiviamo in campi biodinamici secondo i dettami dell’agricoltura rigenerativa. Mettiamo a disposizione delle aziende i semi, il know how, i macchinari. E ci assumiamo il rischio agricolo".

Anche in caso di maltempo, gli agricoltori saranno ricompensati a prescindere dal mietuto. E il loro lino potrebbe addirittura farsi reliquia grazie a un progetto che unisce fede e tradizione: dal 2020 il lino invernale coltivato in Val Gandino (Bergamo) ha consentito di riprodurre copie certificate in scala 1:1 della Sacra Sindone.