Morì dopo la caduta in ospedale Guardie giurate, si riapre il caso

La Corte di Assise di Appello dispone la fase dibattimentale chiedendo di risentire sei testimoni. I due vigilantes erano stati assolti in primo grado dall’accusa di omicidio preterintenzionale

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Ex guardie giurate dell’ospedale accusate di omicidio preterintenzionale, il caso non è chiuso. Anzi, la Corte di Assise di Appello vuole andare fino in fondo e sentire alcuni dei testimoni più importanti del processo di primo grado per chiarire alcuni dubbi. Si è aperto il processo in Corte di Assise di Appello a carico delle due ex guardie giurate dell’ospedale, Andrea Priolo e Simone Tagliantini (difesi dagli avvocati Giuseppe Nicolosi, Michela De Luca e Antonio Cozza), assolti in primo grado per non aver né picchiato né spinto il sessantenne che nella notte del 4 ottobre 2017 si presentò al pronto soccorso del Santo Stefano lamentando forti dolori alla schiena. L’uomo, tossicodipendente e affetto da varie patologie, venne trovato riverso a terra. Non ci sono testimoni di quello che è successo, fatto sta che il sessantenne rimase tetraplegico e dopo un anno morì. La Corte di Assiste di Appello ha accolto la richiesta del pm Valentina Cosci (che in primo grado aveva chiesto una condanna rispettivamente a sei anni e 10 mesi e 4 anni e mezzo) e dei legali della famiglia della vittima (assistiti dagli avvocati Manuele Ciappi, Benedetta Bertolaccini e Annalucia Mereu), di rinnovare l’istruttoria dibattimentale, ossia di non discutere l’Appello solo sulla base delle carte ma di risentire alcuni testimoni-chiave. Richiesta avanzata nella memoria firmata dal procuratore generale Sergio Affronte, nella quale sono stati indicati due testimoni. I giudici hanno deciso di ascoltarne ben sei: la dottoressa che per prima intervenne per soccorrere l’uomo, altri tre sanitari che erano di turno quella notte, un paziente e un poliziotto. Il processo si terrà il 7 e il 14 dicembre.

La dottoressa – per la quale il gup chiese di rimandare gli atti in Procura per valutarne la posizione – è uno dei testimoni più importanti. Fu lei a scrivere nel referto medico che il paziente aveva riferito di essere stato picchiato ma senza specificare da chi. Particolare che, però, tralasciò di raccontare agli agenti della polizia intervenuti qualche ora dopo per accertare che cosa fosse successo la notte precedente. Ci sono voluti quasi quattro anni e tre consulenze prima di arrivare alla sentenza di primo grado. Il caso è stato dibattuto fra una guerra di perizie e ricostruzioni completamente diverse fra loro. Da una parte la Procura e la parte civile che sostenevano la colpevolezza delle due guardie che avrebbero picchiato e spinto l’uomo che era in stato di agitazione per i forti dolori alla schiena causandone le lesioni permanenti che un anno dopo portarono alla morte. Dall’altra quella della difesa secondo cui i due vigilantes trovarono l’uomo esanime a terra e chiesero subito aiuto a medici e infermieri. Nessun testimone oculare, nessun filmato o registrazione ma solo le perizie discordanti e le dichiarazioni della dottoressa. Oltre all’incidente probatorio nel quale il sessantenne non è stato in grado di indicare chi lo avrebbe picchiato. Adesso sarà la Corte di Assise di Appello a giudicare.

Laura Natoli