REDAZIONE PRATO

Delegazione del Sinappe alla Dogaia: "Investire: servono uomini e risorse"

Il sindacato di polizia penitenziaria ieri ha incontrato la direttrice Bravetti e il comandante Salvemini. Fanfani, garante dei detenuti della Toscana: "Serve una direzione stabile e un impegno grande dello Stato".

Un’immagine della perquisizione di martedì alla Dogaia (foto Attalmi)

Un’immagine della perquisizione di martedì alla Dogaia (foto Attalmi)

Il Sinappe (Sindacato nazionale autonomo polizia penitenziaria) con una delegazione che includeva il segretario generale vicario Raffaele Pellegrino e altri membri nazionali e regionali, ha visitato ieri il carcere di Prato al centro di un’inchiesta della procura iniziata a luglio 2024 e che ha portato anche a due maxi perquisizioni negli ultimi dieci giorni. L’inchiesta ha svelato la ‘permeabilità’ della Dogaia, dove sono entrate decine di cellulari a disposizione anche dei detenuti dei reparto di Alta sicurezza. La procura – che ha reso noti anche due episodi di violenze sessuali e torture tra detenuti (avvenuti però negli anni passati, 2020 e 2023) – ha definito quella della Dogaia una "situazione fuori controllo, caratterizzata da un pervasivo tasso di illegalità". E parla di "comportamenti collusivi di esponenti della polizia penitenziaria".

In questo scenario rovente ieri la delegazione sindacale è entrata in carcere. Il Sinappe racconta del confronto positivo con la direttrice del carcere Patrizia Bravetti e con il Comandante, Alessandro Salvemini, con i quali "è stata riconosciuta l’importanza del lavoro della Procura di Prato a supporto delle attività di Polizia Giudiziaria". Poi l’invito a "una riflessione sulle tutele per il personale di Polizia Penitenziaria, esposto troppe volte alle conseguenze, anche mediatiche, di un sistema che si dimostra di difficile governo. Servono investimenti in termini di uomini e risorse strumentali e solo dopo si potrà parlare di eventuali defaillance degli operatori penitenziari". Tra le criticità strutturali emerse dal sopralluogo il malfunzionamento del sistema di videosorveglianza e la necessità dell ripristino dei vetri blindati dei box agenti nelle sezioni detentive. Resta poi l’annosa questione dell’insufficienza della pianta organica "assolutamente inadeguata a fronteggiare la gestione di un Istituto che ospita circa 600 detenuti, di cui ben 110 appartenenti al circuito di Alta Sicurezza".

Sulla Dogaia è intervenuto anche il Garante dei detenuti della Toscana, Giuseppe Fanfani, a margine di un convegno a Firenze su carcere e inclusione sociale: "Il problema è che a Prato manca una direzione stabile, l’hanno cambiata in continuazione. A fronte di questi fatti ci vuole una direzione stabile, una persona veramente capace di sacrificarsi in una situazione del genere. Ci vuole quindi un impegno grande dello Stato".

Fanfani parla di "una sedimentazione antica di situazioni deprecabili all’interno delle carceri che vanno dalle condizioni personali dei detenuti alla qualità, anche, delle persone che vi operano. E quando si comincia a fare seriamente nel cercare di vedere cosa c’è sotto, probabilmente non si finisce più". Per questo, aggiunge il garante, "non c’è da meravigliarsi se appena sono entrati hanno trovato, in un’ispezione fatta dalla procura, quello che non hanno trovato altre ispezioni fatte dall’interno". "Non dico che qualcuno faccia entrare apposta", droga e cellulari, "ma che ci sia quantomeno un sistema deficitario che consente di farli entrare". Per Fanfani la definizione di "carcere pratese fuori controllo da parte della procura", "può essere anche la constatazione di una situazione non rimediabile o che meriterebbe un intervento dello Stato diverso. Traduciamola in fatti concreti – conclude – Se dentro quel carcere entra di tutto, o è dimostrato dai fatti che sia entrato di tutto, bisogna ridefinire complessivamente le norme di controllo di sicurezza all’interno del carcere".