Il debito si paga dopo 23 anni. Comune condannato per un caso del 1996

Ora deve sborsare 72mila euro di cui 15mila fra interessi e spese legali

L’assessore Marchi

L’assessore Marchi

Prato, 20 settembre 2019 - Il debito si paga... dopo 23 anni. Una causa infinita che, solo oggi, è arrivata alla conclusione con un verdetto che non gioca a favore del Comune, costretto a sborsare oltre 72mila euro. Era il 1996 quando la "Bruno Cecchi spa" avanzò la richiesta all’amministrazione di poter aprire un bar a servizio di un distributore di benzina in via Pistoiese. L’amministrazione di allora, guidata dal sindaco Fabrizio Mattei, al primo mandato, non dette l’autorizzazione. Che poi fu concessa solo nel 2000 quando appunto fu aperto in via Pistoiese il bar dentro l’esercizio.

La «Bruno Cecchi» all’epoca fece ricorso contro la decisione del Comune chiedendo i danni, perché l’autorizzazione era arrivata solo 4 anni dopo la richiesta. Il Tar nel 2014 si è pronunciato a favore del Comune, una sentenza contro la quale la «Bruno Cecchi» ha presentato ricorso davanti al Consiglio di Stato. E oggi, a 23 anni di distanza dalla prima richiesta del permesso, è arrivata la sentenza definitiva: il Consiglio di Stato (che è l’ultimo grado di giudizio in sede amministrativa) ha dato ragione alla «Bruno Cecchi», accogliendo in parte il ricorso presentato e condannando il Comune a pagare 72.400 euro di risarcimento, di cui 15mila fra interessi e spese legali. Una sconfitta che non ci voleva per il Comune, che ora si trova a sborsare una bella cifra per una causa che si trascina da oltre 20 anni. La copertura finanziaria c’è e l’assessore Lorenzo Marchi ieri pomeriggio ha portato la delibera sul debito fuori bilancio in consiglio comunale, che ha votato approvando l’atto a maggioranza (l’opposizione si è astenuta).

In pratica il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della «Bruno Cecchi» annullando la sentenza del Tar arrivata nel 2014 che aveva dato ragione al Comune basandosi sul piano regolatore in vigore nel momento della sentenza. Secondo il ricorrente, il Tar doveva basarsi invece sul piano regolatore in vigore nel 1996, ossia quando era stata presentata la richiesta di apertura del bar. Quando si dice la giustizia lumaca: dal 1996, anno del ricorso, la prima sentenza del Tar è arrivata solo nel 2014. Tra ricorsi e carte bollate si è arrivati ad oggi. Il risultato è che il Comune deve accollarsi una spesa imprevista di 72mila euro. Entro il 30 settembre.

Si.Bi.