Cinesi vaccinati ma senza Pass Il console: "Riconoscere il Sinovac"

Anche a Prato in molti si trovano a fare i conti con le conseguenze di questo nodo. La strategia per riuscire a lavorare: un canale preferenziale per i tamponi. Luca Zhou (Ramunion Italia) chiede aiuto a Giani

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di Miaomiao Huang

"Sono tanti i cittadini cinesi vaccinati con il preparato Sinovac, ma che non possono avere il Green pass. Il che oggettivamente ha provocato un certo impatto sul lavoro e la vita quotidiana. Questa situazione non è semplice da affrontare, ne parleremo presto con le istituzioni italiane". A parlare è Wang Wengang, il Console Generale della Repubblica Popolare Cinese a Firenze, che esprime anche l’intenzione del Consolato Cinese di rimanere in costante contatto con le istituzioni italiane su questo tema.

Il problema è serio, e deriva da un vuoto normativo riguardante coloro che sono stati vaccinati con il siero Sinovac, ma anche con Sputnik e Sinophar, che nonostante la doppia dose non vedono riconoscersi il Green pass in Italia. C’è da dire però che l’appello del Console, ma più in generale quello portato avanti da mesi da parte delle istituzioni internazionali che rappresentano i cittadini oggetto di questa sorta di ‘discriminazione’, sembra stia sortendo qualche effetto. E in particolare per Sinovac – e anche per Sputnik – potrebbe arrivare a breve lo sblocco del riconoscimento, ipotesi ora al vaglio della Commissione Europea: se ciò si realizzasse, dovrebbe essere modificato, di conseguenza, anche il regolamento sul Green pass.

Intanto, come soluzione temporanea, i cinesi di Prato si stanno attrezzando attraverso l’organizzazione di un canale preferenziale per fare i tamponi (tempi rapidi e prazzo calmierato) che garantiscono comunque l’acquisizione di un certificato verde per andare a lavorare, benché valido per pochissimo tempo. E in prima fila per fare pressione sulle istituzioni e oliare bene il circuito dei tamponi c’è l’Associazione Ramunion Italia guidata da Luca Zhou, che sin dalla primissima fase dell’emergenza sanitaria ha cercato di rappresentare la cinghia di trasmissione tra la comunità cinese e le istituzioni locali. E anche in questa circostanza, supportando il lavoro del Console, Luca Zhou ha deciso di provare quantomeno a far presente pubblicamente quello che sta accadendo. Così, ha scritto una lettera al presidente della Regione Toscana Eugenio Giani: "Molti dei miei connazionali – scrive – ben lungi dall’essere contrari al vaccino, sono stati inoculati con il Sinovac, vaccino cinese non riconosciuto dall’Ema e quindi non valido per l’ottenimento del Green pass italiano; si capisce immediatamente come questa situazione comporti disagi notevoli nella filiera produttiva, non per mancanza del vaccino quanto per l’impossibilità di ottenerne la certificazione".

Il problema, come spiega anche il vicepresidente dell’associazione Francesco Rotunno, pone un quesito che ha a che fare con la "libertà" dei cinesi vaccinati in Cina e che si trovano in Italia. "Oltre a loro – scrive Rotunno – ci sono anche i cinesi che oggi si trovano in Cina e che non possono rientrare in Italia perché vaccinati con Sinovac e gli italiani nelle medesime condizioni". Infine la richiesta di Zhou a Giani: "Le chiedo di intercedere non tanto per il cittadino cinese, quanto per il lavoratore extracomunitario che, avendo comunque rispettato la legge, rimane impigliato nelle pastoie burocratiche e deve veder soffrire il suo lavoro per l’impossibilità di ottenere una semplice autorizzazione amministrativa".