Rapina alla Stazione: "Poche parole di condanna"

Pontedera, sfogo della vittima: «E non parlate di razzismo»

I militari e la polizia municipale mentre presidiano il quartiere della stazione di Pontedera

I militari e la polizia municipale mentre presidiano il quartiere della stazione di Pontedera

Pontedera, 13 agosto 2018 -  «Mi aspettavo parole più severe dai vari interventi politici. E anche, magari, l’annuncio di alcune misure affinché quello che è successo a me non debba accadere più a nessuno». Cecilia Filippi, 50anni, oss a Pisa, è la signora che è stata aggredita e rapinata alla stazione di Pontedera. E’ la donna che per lo strappo del telefonino da parte del nigeriano Prince Osas, richiedente asilo, 22 anni, nigeriano, è uscita dal pronto soccorso di Pontedera con trenta giorni di prognosi. Non può lavorare per un mese.

«Il danno che ho ricevuto è grande – dice, con una punta di rabbia –. Non posso lavorare e oltre al mio patimento tutto questo mette in difficoltà me e la cooperativa per la quale lavoro. Le mie colleghe, per esempio, devono dividersi i turni: lavoriamo di notte e non era previsto che io dovessi assentare per così tanto tempo. Non posso neppure aiutare in casa: devo dipendere dalla mia famiglia...».

Perché si aspettava parole più dure? «Sono un cittadina di Pontedera che paga le tasse a Pontedera e che ha il diritto di sentirsi sicura a casa, in città, nei luoghi dei servizi come la stazione – aggiunge -. Non stavo facendo nulla di male, stavo guardano Facebook, mandando messaggi. Non riprendevo nessuno. Sono stata assalita con brutalità, mi sono trovata accerchiata poi da trenta extracomunitari che hanno fatto quadrato con quel soggetto e che non c’entravano nulla. Gli stessi che poi hanno alzato la voce con la polizia. Non c’è razzismo nelle mie parole, io non credo che la gente di Pontedera sia razzista. Siamo, piuttosto, semplicemente refrattari agli stranieri che non rispettano le legge e che non vogliono rispettare le leggi dello Stato in cui sono venuti e accolti».

«Non tutti sono così – conclude –. Penso, per esempio, alla comunità cinese che lavora sodo. Peraltro fu una ragazza straniera, l’altra sera, a mettermi in guardia dai tipi con birre in mano, che urlavano ed erano su di giri. E di questo tipo di soggetti, che fanno questa vita, che controllano stazione e treni, che non ne possiamo più». L’eco delle vicenda è arrivata fino nel sud Italia, terra di cui la donna è originaria. Intanto, come abbiamo scritto ieri, Osas è stato condannato a 3 anni e 2 mesi: anche per aver usato violenza contro due poliziotti. «Ma dovrà essere fatto qualcosa perché i nostri binari diventino più sicuri. Avrei voluto sentirmi dire che intenzioni ci sono al riguardo. Oltre le solite belle parole...» conclude.