Ceccardi rilancia la Lega. «Io e Vannacci in Europa. Schmidt sveglia Firenze. Prato? Una città chiave»

A Bruxelles «le battaglie che i nostri elettori ci avevano affidato nel 2019». Mobilitazione contro il patriarcato islamico: «Un grazie da molte donne»

L'eurodeputata della Lega, Susanna Ceccardi

L'eurodeputata della Lega, Susanna Ceccardi

Firenze, 6 aprile 2024 – Si ricandida per l’Europarlamento e rilancia la Lega anche per il voto amministrativo in Toscana. Susanna Ceccardi da Cascina non molla Salvini e le sue storiche battaglie.

Lei è sempre ottimista e combattente, ma i sondaggi parlano di una Lega in flessione alle prossime elezioni europee.

«La Lega, in questi cinque anni di legislatura europea, ha svolto con coerenza e determinazione il suo ruolo di opposizione al Parlamento Europeo ed è stata l’unica forza politica italiana a farlo fino in fondo. Avevamo ricevuto un ampio mandato popolare e abbiamo mantenuto l’impegno preso nel 2019 con gli elettori. I sondaggi ci danno in flessione? Vedremo. Di certo, ciò che dovevamo fare nell’interesse dell’Italia e degli italiani l’abbiamo fatto e continueremo a farlo».

Lei è una fedelissima di Matteo Salvini. Teme contraccolpi per la leadership del segretario?  

«Non c’è nulla da temere. La Lega è un partito democratico, il suo segretario viene scelto democraticamente e liberamente tramite i congressi, non sui giornali né nei talk show. Il prossimo congresso si terrà in autunno e lì decideremo il segretario. Io voterò Matteo Salvini».

E il fronte degli amministratori, Fedriga e Zaia, è una risorsa dentro la Lega?

«Certamente. Siamo di fronte a due governatori che amministrano regioni importanti e che godono di un ampio consenso popolare, proprio perché lavorano bene e nell’interesse dei cittadini. Spero che anche la Toscana possa presto avere un presidente di quel livello, dato che siamo la regione italiana più lenta nella ripresa post-Covid, fanalino di coda anche rispetto alle regioni meridionali, con un mostruoso debito strutturale in sanità e gravi problemi di sicurezza nelle nostre città, causati in larga parte dall’atavico buonismo ideologico della sinistra sul tema dell’immigrazione clandestina di massa».

Firenze aspetta l’ufficializzazione del candidato del centrodestra. E’ contenta della scelta di Eike Schmidt? Non crede che due mesi di campagna elettorale siano pochi?  

«Il Pd ha reso Firenze una bella addormentata, arroccandosi a Palazzo Vecchio con il solo scopo di conservare e perpetuare il potere. Ha offerto tanta narrazione e nessuna soluzione alle evidenti e sempre più urgenti criticità sul fronte della sicurezza, dello sviluppo, del welfare. Ha reiterato la solita politica dei contributi a pioggia in funzione elettorale e di controllo del consenso, senza sviluppare alcun piano di rilancio del tessuto economico-produttivo cittadino al di fuori del tradizionale e vetusto paradigma turistico di massa».

Qualche esempio?  

«Il Pd non parla mai di sistema bancario, di investimenti, di innovazione tecnologica e informatica, di manifattura. In compenso piazza autovelox trappola per fare cassa con le multe, strizza l’occhio alle occupazioni abusive per racimolare voti dall’estrema sinistra, trasforma in un mangificio il centro storico Unesco. Fratelli d’Italia, che ha guidato la scelta del candidato della coalizione di centrodestra per Firenze, ha individuato in Eike Schmidt il profilo civico giusto per sradicare questo potere ormai incancrenito e autoreferenziale. Una scelta che noi siamo propensi a condividere. Per provare a convincere i fiorentini che è giunta l’ora di cambiare, due mesi dovrebbero bastare e avanzare».

Prato, cinque anni fa il leghista Daniele Spada portò Biffoni al ballottaggio. E adesso che farà Gianni Cenni?

«Prato è una città chiave, anche in vista delle prossime elezioni regionali, perché sposta gli equilibri. Sono ottimista sul fatto che la proposta del centrodestra unito possa trovare il favore dei pratesi, gente pragmatica e laboriosa che apprezza la concretezza e si merita un sindaco che sappia risvegliare la città dopo dieci anni di torpore e proclami a vuoto».

A proposito di Prato, lì la scuola è multietnica da oltre vent'anni. Il dettato, prevalenza di studenti italiani in classe, di Salvini e Valditara può essere quindi superato o no?

«Nelle scuole il numero di alunni stranieri che non parlano bene italiano si è innalzato vertiginosamente negli ultimi anni, rendendo difficoltoso l’insegnamento per i professori e l’apprendimento per gli studenti. La proposta del ministro Valditara di mettere un tetto del 20% di stranieri nelle classi è una misura utile a far sì che la didattica, nei territori ad alta densità di popolazione scolastica straniera, proceda in modo ottimale nell’interesse esclusivo degli alunni, come ha a cuore ogni buon insegnante. Sia per gli studenti italiani che non devono rallentare nel programma, sia per gli stranieri che non devono rimanere indietro. La proposta peraltro non è affatto nuova, eppure la sinistra si dimostra ancora una volta il partito del ‘no’ a priori. Ricordo infatti quando circa 15 anni fa il centrodestra propose di far sostenere ai bambini stranieri delle prove di valutazione per stabilire il loro livello di conoscenza della lingua italiana. Qualora il livello fosse stato troppo basso, i bambini sarebbero stati messi in apposite classi di inserimento, per favorire l’apprendimento linguistico, propedeutico all’ingresso nelle classi tradizionali. All’epoca, la sinistra gridò all’apartheid e a scenari futuri con ‘città divise per ghetti etnici’. Ecco, a non fare nulla come voleva e vuole la sinistra, quello scenario si sta realizzando: nelle nostre città si sono già formati i quartieri ghetto, in cui vivono immigrati non integrati e a rischio radicalizzazione, dove vige il patriarcato islamico e tribunali ‘paralleli’ che non seguono le leggi italiane ma la Shari’a. Continuando così, dai quartieri passeremo alle scuole. Io ritengo che chi ha scelto di venire in Italia debba abbracciare le nostre regole e rispettare la nostra cultura. Solo così si potrà costruire una vera integrazione».

Lei si è battuta recentemente per i diritti delle donne di religione islamica. Ha ricevuto molte minacce. Qualche donna l’ha ringraziata?

«Molte concittadine di religione musulmana mi hanno mandato messaggi, in modo riservato, manifestando apprezzamento per le mie iniziative. Ed è proprio da loro che, sono sicura, partirà la rivoluzione dei diritti femminili che affosserà il patriarcato islamico e aprirà la strada a una vera integrazione, non partirà dagli imam né dalle femministe nostrane che mi hanno attaccato e insultato...».

Si parla molto della candidatura del generale Vannacci per la Lega. Crede sia una carta da giocare, un valore aggiunto in Europa?  

«Sono favorevole alla candidatura di Vannacci. Di certo non è una candidatura che mi preoccupa, a me preoccupano quelle di Carola Rackete e della Salis vagheggiate dalla sinistra. Considerato che si può fare la doppia preferenza uomo-donna, credo che il generale sarebbe un mio valido collega a Bruxelles».

Nel 2019 la Lega è sbarcata in Europa con 29 deputati. Stavolta Fratelli d'Italia pare triplicherà i rappresentanti. E Forza Italia vi potrebbe raggiungere come seconda compagine sempre secondo le previsioni. Che sta succedendo nella coalizione del centrodestra? Scontate le posizioni sovraniste molto di destra?

«Le forze sovraniste avanzano in gran parte dell’Europa, dalla Francia al Portogallo, dalla Germania all’Olanda, perché i popoli europei vogliono ristabilire la propria sovranità e riaffermare la propria identità, contro le scelte globaliste calate dall’alto da una Commissione Europea che non è stata eletta da nessuno ma che prende decisioni che incidono fortemente sulle nostre vite e sul nostro portafogli. Scelte che mirano a fare il gioco dei grandi gruppi finanziari e multinazionali, i quali hanno tutto l’interesse a creare una società sempre più atomizzata, povera, omologata, ‘fluida’, narcisista a livelli patologici, senza radici, tradizioni e valori. Le forze sovraniste europee, in primis la Lega in Italia, vogliono nazioni forti che rendano forte l’Europa, non un super-Stato europeo costruito a tavolino. Quanto ai nostri alleati, mi auguro che vogliano replicare a Bruxelles l’unità che dimostriamo al governo in Italia, a prescindere dalle percentuali dei singoli partiti». 

Europa, cinque anni dopo. L'obiettivo più importante che ha raggiunto da europarlamentare?

«Essere riuscita a fare concretamente da ponte tra i territori che sono stata chiamata a rappresentare e Bruxelles. Ho dato voce alle istanze di cittadini, associazioni, imprese e, allo stesso tempo, ho riportato gli input e i dossier europei più importanti agli stessi territori. Un compito niente affatto scontato, da una posizione di opposizione».

Ora lei si ricandida dopo cinque anni di impegno. Ci sono ancora tante cose da fare per difendere i nostri territori?

«Certamente. E ce ne saranno sempre di più, perché l’impatto delle decisioni che vengono prese a Bruxelles sulle vite e sui portafogli dei cittadini cresce esponenzialmente di anno in anno. Dobbiamo difendere e promuovere l’agroalimentare, la manifattura, interi distretti produttivi, dobbiamo cambiare passo sull’immigrazione, sui temi valoriali, sulla difesa dei confini. Dobbiamo difendere la nostra economia e i livelli occupazionali da regole assurde e punitive concepite da burocrati miopi o, peggio, in malafede. E dobbiamo riscrivere un “Green Deal” che, così come è stato esplicitato, è una vera e propria una mannaia sulle nostre imprese e anche sui cittadini, se pensiamo a quanto costano le auto elettriche o a quanto costerà efficientare a livello energetico le nostre case».

Insomma ma questa Europa per lei è uno spauracchio da cui difendersi, un'opportunità con fondi e risorse da sfruttare come il Pnrr o la realtà migliore in cui fare crescere i nostri figli?  

«Questa Unione Europea è la brutta copia della gloriosa Europa che per due millenni ha illuminato il mondo con la sua civiltà, la sua scienza, la sua tecnologia, il suo pensiero critico, la sua cultura, la sua arte. Un continente in declino ma che possiamo ancora rilanciare, non con un Super-stato che è pura utopia ma con tante nazioni forti che rendano l’Unione europea più simile a quell’Europa. Quanto ai fondi del NextGenEu, da cui discende il Pnrr, non stiamo parlando di un regalo ma, per due terzi, di prestiti. Quindi di soldi che vanno sfruttati bene, perché vanno restituiti. Io voglio che mia figlia, che oggi ha quattro anni, cresca in un’Europa di nazioni libere e sovrane, orgogliosa della propria identità, delle proprie radici cristiane, delle proprie tradizioni. E continuerò a lottare a Bruxelles innanzitutto per questo».