MAURIZIO INNOCENTI
Sport

Claudio Crippa sulla retrocessione di Pistoia: errori della nuova proprietà e mancanza di unione

Claudio Crippa analizza la retrocessione di Pistoia: errori della nuova proprietà, scollamento e responsabilità condivise.

Claudio Crippa (archivio)

Claudio Crippa (archivio)

Claudio Crippa, da bandiera del club e grande conoscitore di basket, come inquadra la retrocessione di Pistoia? "Mi dispiace tantissimo. Osservando la situazione è evidente che ci sia stato uno scollamento da parte di tutti, che ha creato una situazione complicata. Ai playoff dello scorso anno, prima dell’arrivo di Rowan, c’era un grandissimo entusiasmo. Poi, una volta che si è insediata la nuova proprietà, le prime mosse sono state sorprendenti. Quando si costruisce una squadra si parte dall’allenatore e non aver rimpiazzato subito Brienza, con un elemento esperto o un giovane da lanciare che fosse, è stato un errore. Così come firmare giocatori che non avevano mai giocato in serie A. La nuova proprietà è partita con il piede sbagliato, poi ci sono state varie situazioni che hanno generato sfiducia e malumore".

Le retrocessioni sono un po’ come le vittorie, ovvero i demeriti e i meriti sono di tutti? "Esatto, quando si retrocede sono tutti colpevoli: proprietà, dirigenti, staff, tifosi. Perché è il fallimento di tutti. Chi ha meno colpa sono i giocatori, che hanno dato tutto in campo considerando le condizioni ambientali in cui hanno dovuto lavorare. Come ho detto mi dispiace, magari..."

Prego, continui. "Magari avrei potuto alzare il telefono, chiamare Rowan per dirgli: ’cosa stai combinando?’. E’ difficile però parlare con un proprietario che ha le sue idee e che prende le sue decisioni. Fatto sta che si sono rivelate sbagliate".

Quella telefonata avrebbero potuto farla i soci? "È sorprendente leggere che i soci fossero all’oscuro di tutto: sarei curioso di capire quali fossero i rapporti interni. I soci, forse, si sono fidati di Rowan visto che aveva giocato a Pistoia, sapeva come funzionavano le cose e conosceva l’ambiente. Molti dirigenti hanno avuto le mani legate, però se non puoi operare è inutile rimanere".

A rimetterci sono stati anche e soprattutto i tifosi. "I tifosi rappresentano orgogliosamente una città e per questo hanno anche delle responsabilità. La frattura che si è creata tra il pubblico non ha aiutato. Il fattore campo da punto di forza non ha dato quella spinta che ha sempre permesso ad ogni squadra di partire da più 10. Il sostegno c’è stato ma non come negli altri anni, questo perché la situazione che si è creata ha portato a una mancanza di unione".

Da dove riparte Pistoia? "C’è da sedersi intorno ad un tavolo e capire cosa fare. C’è una storia, una tradizione da portare avanti: sono arrivato nell’88 e la pallacanestro a Pistoia tra alti e bassi c’è sempre stata. Ma è un’avventura da vivere insieme, senza trovare capi d’accusa o colpevoli altrimenti l’ambiente non tornerà sano. Pistoia è famosa per essere una piazza caratterizzata dal forte senso di comunità, non deve disgregarsi adesso. Bisogna analizzare gli errori per evitare di ripeterli, la proprietà deve dire chiaramente cosa intende fare e soprattutto sapere chi ha voglia di vestire questa maglia, affidarsi a gente di basket che a cuore le sorti della città".

Pensa a un periodo interlocutorio? "Diciamo che due o tre anni di serie A2 per ripianare il famoso debito vanno messi in conto, anche perché siamo in una fase di cambiamento strutturale del basket europeo, ad alti livelli e a cascata nelle leghe nazionali. Pistoia, una volta stabiliti i piani a medio-lungo termine, dovrà strutturarsi bene. La passione c’è e non sarà un’annata storta a far perdere ai tifosi l’amore per il club. Si tirano le fila e si va avanti, l’esperienza di Trieste da questo punto di vista è importante: basti vedere cosa sono riusciti a fare in diciotto mesi. Mi auguro che gli sponsor continuino a stare accanto alla società come hanno sempre fatto e soprattutto che ci siano idee chiare e programmi precisi".

Maurizio Innocenti

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