Tragedia in ospedale. Infermiera e medico assolti per la morte dell’artista americana

Sentenza con formula piena: "Perchè il fatto non sussiste". Il giudice ha accolto la tesi sostenuta dal perito della difesa. "Per Joann Zinkand un arresto cardiaco imprevisto e imprevedibile".

Tragedia in ospedale. Infermiera e medico assolti per la morte dell’artista americana

Tragedia in ospedale. Infermiera e medico assolti per la morte dell’artista americana

Infermiera e medico assolti con formula piena, perchè il fatto non sussiste. E’ stata pronunciata ieri mattina, in San Mercuriale, la sentenza del processo che si è svolto davanti al giudice monocratico Pasquale Cerrone per la morte dell’artista americana Joann Zinkand.

Sotto accusa, per omicidio colposo, erano l’infermiera Diletta Martini, 32 anni, di Prato, difesa dall’avvocato Cristina Meoni di Prato e il medico Paolo Mazzoni, 63 anni, anche lui di Prato, difeso dall’avvocato Stefano Pinzauti del foro di Prato.

Per entrambi gli imputati il pubblico ministero Leonardo De Gaudio, che aveva diretto le indagini su questo caso, aveva chiesto la condanna: 9 mesi di reclusione per l’infermiera e 6 mesi per il medico. L’azienda sanitaria era rappresentata nel processo dall’avvocato Lucia Coppola del foro di Pistoia. La nipote di Joann, Selah Kaiser, che vive negli Stati Uniti, si era costituita parte civile con l’avvocato Andrea Gallori del foro di Firenze. Una tragica vicenda che ebbe ampia risonanza e che è stata seguita dal nostro giornale fin dall’inizio.

Joann Zinkand viveva a Pistoia da diversi anni ed era una cantante, pianista e chitarrista. Una persona molto amata. Aveva 74 anni, morì all’alba del 27 luglio del 2019 all’ospedale San Jacopo. Al pronto soccorso era arrivata alle dieci della sera prima, in preda a un forte dolore toracico.

Per la pubblica accusa, come avevamo già riportato, la morte di Joann Zinkand si sarebbe potuta evitare se la presa in carico da parte dei sanitari del pronto soccorso del San Jacopo fosse stata tempestiva e se la donna fosse stata monitorata.

In questo modo – così evidenziò il pm nella requisitoria pronunciata il 9 gennaio 2024 – , si sarebbe evitata la disidratazione, causa della tromboembolia che la portò alla morte. Secondo quanto era stato ricostruito in aula dagli operatori, la donna accusava una pancreatite, che sarebbe stata immediatamente trattata. Poi sarebbe sopraggiunto un ictus, e infine, due arresti cardiaci che non le avrebbero dato scampo.

Per il giudice, medico e infermiera non hanno colpe per la morte di Joann ed è stata probabilmente accolta (in attesa delle motivazioni della sentenza, che saranno disponibili fra novanta giorni), la tesi difensiva, come osserva per noi l’avvocato Cristina Meoni: "La difesa ha contestato le conclusioni del consulente del pubblico ministero che sosteneva che la paziente non era stata monitorata e che non erano state eseguite le terapie. In aula è stata ricostruita interamente quella nottata. Il nostro consulente, il medico legale Brunero Begliomini di Prato, aveva evidenziato un arresto cardiaco imprevisto e non prevedibile".

"Siamo molto contenti – il commento dell’avvocato Meoni – sono state accolte in pieno le nostre istanze. Quella che è stata pronunciata è una sentenza giusta".

l.a.