Il pioppo ci salva dall'inquinamento: nuova scoperta della Sant'Anna

Innovativo studio firmato dall’Istituto di Scienze della Vita

Studio della Sant'Anna sul pioppo

Studio della Sant'Anna sul pioppo

Pisa, 31 maggio 2018 - Il pioppo è una pianta anti-inquinamento. Lo ha scoperto la Sant'Anna.

L’inquinamento da prodotti farmaceutici rappresenta un problema globale a cui la comunità scientifica cerca di trovare soluzioni e oggi si aprono nuove possibilità grazie alle capacità di accumularli e degradarli da parte di alcune piante e, in particolare, del pioppo.

Uno studio dall’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, svolto in collaborazione con Helmholtz Zentrum di Monaco di Baviera e pubblicato sulla rivista internazionale “Science of The Total Environment”, ha dimostrato che il pioppo Populus alba clone Villafranca, già noto per le sue proprietà di accumulare metalli pesanti e sostanze xenobiotiche organiche (sostanze estranee rispetto agli organismi) presenti nei suoli e nelle acque, è anche capace di assorbire, trasformare, accumulare nella radice sostanze inquinanti di origine farmaceutica come il Diclofenac. Questo principio attivo, alla base di farmaci antinfiammatori non steroidei assai diffusi per trattare – ad esempio - infiammazioni di carattere muscolare, risulta tra quelli spesso presenti nelle acque reflue urbane, come confermano numerosi studi.

Da anni il gruppo di ricerca coordinato da Luca Sebastiani, direttore dell’Istituto di scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna, studia il ruolo delle specie arboree di interesse agrario nel rimuovere gli inquinanti organici di origine farmaceutica da acque e suoli. In questo contesto, è nato lo studio oggi pubblicato sulla rivista internazionale “Science of The Total Environment”.

“Capire come le piante rispondono agli inquinanti organici xenobiotici – spiega Luca Sebastiani, direttore dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna - ci può aiutare a contrastare l'inquinamento in modo naturale. Allo stesso tempo, ci permette di verificare se questi prodotti danneggiano le colture e, nel caso di specie commestibili, se si accumulano negli organi di cui l'uomo si nutre”.

Hanno contribuito allo studio Erika Carla Pierattini, Alessandra Francini e lo stesso Luca Sebastiani dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con Christian Huber e Peter Schröder del Research Unit Comparative Microbiome Analysis, Helmholtz ZentrumMünchen - Deutsches Forschungszentrumfür Gesundheit und Umwelt (GmbH), Ingolstädter Landstr Germany.