GABRIELE MASIERO
Cronaca

Sos dei medici di base: "Scontiamo tanti anni senza investimenti"

Puccetti (Fimmg): "Così mancano le cure intermedie"

Sos dei medici di base: "Scontiamo tanti anni senza investimenti"

Sos dei medici di base: "Scontiamo tanti anni senza investimenti"

"Mancano le cure intermedie sul posto in termini di personale , ma soprattutto scontiamo anni di mancati investimenti e programmazione e oggi i nodi vengono al pettine, perché non si è tenuto conto del fatto che la nostra è una società anziana". Così Luca Puccetti, segretario provinciale della Fimmg (Federazione italiana dei medici di medicina generale), commenta il caos di questi giorni al pronto soccorso di Cisanello. "Si discute di questo argomento come se fosse esclusivamente un problema di organizzazione sanitaria e invece è anche molto altro".

Qual è il problema?

"E’ che siamo di fronte a una questione sociale grave, che la contingenza rende drammatica. Ma che non viene affrontata da anni in termini di investimenti adeguati e di programmazione".

Si spieghi meglio.

"La nostra è una società anziana che deve fare i conti con pazienti ultraottantenni soli che hanno bisogno di cure ma non hanno familiari che possano assisterli. Ecco che l’assenza di strutture per le cure intermedie, con posti letto e personali, non solo con gli ambulatori, scarica poi sul Pronto soccorso la necessità di curare queste persone. E negli ultimi giorni c’è un altro fattore significativo: siamo sommersi dal Covid"

Quali sono i numeri attuali?

"E’ impossibile dirlo, perché il virus è stato derubricato ufficialmente, non c’è più il tracciamento e dunque non è possibile fare i conti. Ma il dato reale è che la vaccinazione procede a rilento, ora anche a causa della malattia, perché coloro che si ammalano poi non si possono vaccinare per 3-4 mesi e questo innesta un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. Inoltre nella prima fase della campagna vaccinale c’erano anche pochi vaccini a disposizione e anche ora che ci sono non è semplice smaltirli tra coloro che, a vario titolo, decidono di non vaccinarsi e quelli che sono malati".

Quali sono le soluzioni possibili?

"Invertire la rotta degli ultimi anni e ritornare a programmare una sanità territoriale realmente tarata sui bisogni dell’utenza. La nostra è una società che invecchia e bisogna tenerne conto. Ce lo dicono i numeri: 10 anni fa un medico di famiglia contava 56 accessi giornalieri tra i suoi pazienti (tra contatti telefonici, visite ambulatoriali eo domiciliari), oggi siamo a 80 accessi giornalieri. Noi facciamo il massimo, ma i nostri sforzi inevitabilmente non bastano".

E così l’ospedale va in tilt. Si potrebbe secondo lei organizzare meglio la gestione dei reparti?

"Non intendo fare polemica ed entrare su questo terreno che, tuttavia, ritengo sia comunque secondario al problema principale della mancata programmazione e delle mancate scelte, accompagnate da una cronica assenza di investimenti sulla sanità territoriale che genera un cortocircuito assistenziale del quale risentono certamente i pazienti per primi, ma anche gli operatori sanitaria sia all’interno dei reparti ospedalieri, sia nella sanità territoriale".