Necrologi social per sentirsi più vicini

La nuova tendenza amplificata dall’emergenza sanitaria. Lupo: "La cura del dolore resta la condivisione"

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di Elisa Capobianco

Lavorare a stretto contatto con la morte e poi con il dolore di chi resta. Ma avere anche, nei confronti di questi ultimi, la possibilità di regalare una cerimonia che sia un degno e affettuoso saluto. Non è semplice. Più che una professione è una vocazione. Simone Lupo, operatore all’Impresa funebre Mancini & De Santi di Capannoli da tempo, lo sa bene. E la situazione negli ultimi mesi si è fatta ancora più delicata a causa del Covid.

Che cosa significa lavorare per un’impresa funebre?

"È una missione. Significa entrare in una casa, in una famiglia in un momento devastante segnato dalla perdita di un caro. Ma significa anche mostrare sangue freddo e stomaco davanti a situazioni crude. Servono molto coraggio e tanta sensibilità per gestire le emozioni, guidare i clienti nelle pratiche burocratiche. E fare tutto nel massimo rispetto e con la massima cura".

Qual è la cosa più difficile?

"Probabilmente dover organizzare il funerale di un giovane. Ma anche in questi casi è importantissimo mantenere il controllo e svolgere la propria mansione nel rispetto del defunto e dei familiari. Siamo esseri umani, sarebbe facile farsi trasportare... La nostra professionalità risiede anche nell’evitare ciò. Dobbiamo essere impeccabili e utili ai parenti nel sollevarli, ad esempio, da qualunque incombenza burocratica. Dobbiamo avere tatto ed essere figure di riferimento, di fiducia ma con discrezione. Non far sentire le famiglie, in questo caso i nostri clienti appunto, sole. Insomma serve anche fare della psicologia".

Il vostro ruolo ai tempi del Coronavirus: cos’è cambiato?

"La pandemia, soprattutto all’inizio, ha cambiato radicalmente lo svolgimento dei servizi funebri. Organizzare un funerale durante l’apice dell’emergenza sanitaria ha significato cambiare le abitudini di lavoro con un innalzamento dei livelli di attenzione e sicurezza sul fronte igienico-sanitario senza precedenti. Il momento più doloroso? Quando nei mesi scorsi abbiamo dovuto assistere alle fortissime limitazioni imposte in Italia alle persone per partecipare alla sepoltura del caro. Una condizione mai affrontata in passato. La perdita di un caro in quei mesi terribili è diventata ancora più straziante".

Durante il lockdown è diventato più difficile anche condividere il dolore con gli altri.

"Certo. Ecco perché come impresa funebre abbiamo sviluppato ulteriormente la comunicazione sul fronte social. La Mancini & De Santi era già tra le poche, se non l’unica, a proporre servizi sui social come Facebook, ad esempio. Qualcosa in più da offrire che si è rivelato prezioso, anche e soprattutto durante l’emergenza sanitaria".

Ci spieghi meglio la funzione dei social. Una nuova frontiera nell’elaborazione del lutto?

"Lavorando in Valdera e conoscendo l’esistenza dei gruppi social dedicati ai singoli paesi (vedi Sei di Capannoli se, Sei di Fornacette se, Sei di Terricciola se...) abbiamo iniziato già prima del Covid a pubblicare sulla ’piazza virtuale’ necrologi che riprendessero il manifesto funebre classico che la famiglia ci incarica di affiggere nelle bacheche. Così facendo informiamo anche gli utenti in Rete della scomparsa di un loro concittadino. Le persone che visionano il post possono quindi scrivere le proprie condoglianze o condividere il proprio pensiero con i parenti del defunto. Tra l’altro in questi tempi ’tecnologici’, credo sia più facile che le persone accedano a Facebook piuttosto che si fermino per strada a leggere i manifesti di lutto".

Quale effetto avete riscontrato?

"I familiari hanno potuto sentire ancora di più la vicinanza delle persone, anche se attraverso un Pc. Credo che il nostro servizio ‘non convenzionale’ sia stato essenziale in un periodo particolare come quello del Covid: si è amplificata la possibilità di stare vicino, a distanza, a chi ha subito un lutto. Spesso i nostri clienti ci chiedono poi di stampare i messaggi dei social per conservarli come ricordo".