"Diamoci una mano". Anche con la guerra

L'iniziativa di alcuni psichiatri in formazione per aiutare chi si è trovato in difficoltà durante l'emergenza sanitaria e adesso durante la guerra. Prossima tappa, l'ambiente? Parla il dottor Emanuele Ruggeri

Pecore elettriche

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Firenze, 30 maggio 2022 - Sono un gruppo di psichiatri in formazione e durante l’emergenza sanitaria si sono contraddistinti per un’operazione, quella sì, davvero speciale. Grazie al sostegno della tecnologia, hanno dato una mano a chi nel corso dei due anni di pandemia si è trovato in difficoltà.

Emanuele Ruggeri, medico e psichiatra in formazione a Firenze, è uno dei fondatori del progetto “Diamoci una mano”. Negli ultimi mesi si è occupato insieme ai suoi colleghi di guerra, estendendo il servizio - i contatti sono reperibili sul sito helfulhands.com - anche a chi avverte un disagio psicologico per la guerra. I primi e principali beneficiari sono naturalmente gli Ucraini, ma Ruggeri spiega a La Nazione di aver aiutato anche russi.

“Dopo l’emergenza sanitaria, il servizio ha continuato a essere attivo e abbiamo ricevuto parecchi messaggi tramite la pagina Facebook. Abbiamo avviato anche una collaborazione con alcuni giovani colleghi di Tell Me, psichiatri in formazione in tutta Europa. Attraverso di loro, abbiamo partecipato a un briefing a inizio conflitto per capire come avremmo potuto inserirci e dare una mano. Poi ci è stato chiesto di collaborare direttamente con Tell Me, che peraltro aveva la disponibilità di psicoterapeuti che parlano ucraino”.

Il problema principale per Ruggeri e altri è stata la barriera linguistica. Anche perché “tante persone, tra cui la maggior parte della popolazione ucraina, si rifiutava di parlare russo. E già era stato complicato trovare uno psicoterapeuta di cui fidarsi che parlasse russo; trovarne uno che parlasse ucraino era diventato impossibile senza contatti. Fortuna però grazie a questa rete internazionale di medici lo abbiamo trovato. Le persone in grado di parlare inglese le abbiamo trattate direttamente, le altre invece sono state aiutate da quest’altra associazione”.

Dall’inizio della guerra i medici che lavorano insieme a Ruggeri hanno ricevuto 200 richieste di contato, di queste il 70 per cento è stato rinviato all’associazione Tell me. “Il restante parlava inglese, quindi li abbiamo aiutati noi”. In futuro Ruggeri e i suoi colleghi vorrebbero occuparsi di ambiente, dopo i giovani alle prese con il Covid e la popolazione alle prese con la guerra. Già durante la pandemia il dottor Ruggeri aveva collaborato con lo Student Hotel per un anno, offrendo supporto psicologico agli ospiti della struttura. “Ci piacerebbe creare una nuova realtà lavorando con gli studentati, siamo sicuri che ce ne sia molto bisogno”. Quanto all’ambiente, “è un aspetto che ci ha sempre interessato molto. Peraltro all’inizio della pandemia siamo anche stati supportati da Save the planet”. Per tutto questo, dice il dottor Ruggeri, “vorrei fare un ringraziamento speciale a Clare Keonha Shin senza la quale non sarei stato in grado di confrontarmi con una realtà internazionale”.