"La pandemia ha fatto credere a Conte di essere diventato un leader"

Parla il professor Marco Tarchi, politologo all'Università di Firenze: "Il MoVimento che avevamo conosciuto per un decennio circa non esiste più da un pezzo. Gli è rimasto il nome, ma la sostanza è radicalmente cambiata"

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 29 giugno 2021 - Professor Marco Tarchi, politologo all’Università di Firenze, l’avventura politica del M5s è giunta al capolinea? Ormai è un partito pienamente istituzionalizzato e la carica “rivoluzionaria” è esaurita? “Il MoVimento che avevamo conosciuto per un decennio circa non esiste più da un pezzo. Gli è rimasto il nome, ma la sostanza è radicalmente cambiata. E il problema non è stato tanto il doversi rassegnare a non andare al governo da solo – obiettivo irrealistico fin dall’inizio – ma l’aver deciso di piegarsi a qualunque compromesso pur di riuscirci. Durante il periodo ‘gialloverde’, bene o male, alcuni dei suoi obiettivi storici era riuscito a raggiungerli e la sua fisionomia era rimasta quasi intatta, anche se la componente più genuinamente populista del suo elettorato, come venne dimostrato dal risultato delle europee, aveva cominciato a preferirgli la Lega. Ma quando ha stretto il patto con il Pd, partito dell’establishment per eccellenza, la metamorfosi si è accelerata, i patti e le mediazioni hanno preso una netta prevalenza sugli obiettivi valoriali e la classe parlamentare si è messa a ragionare nell’ottica del ‘si salvi chi può’, sbiadendo sempre di più. Ora siamo nella fase terminale del processo, e la sostituzione delle finalità di quello che ormai della forma-movimento conserva poche caratteristiche – dall’affermazione concreta delle proprie istanze alla conservazione di ruoli di potere per i suoi dirigenti – è palese”. Giuseppe Conte riuscirà a prendere possesso della leadership del M5s o più facilmente fonderà una sua lista? Oppure anche la sua avventura è conclusa? “Il Covid, come è noto, ha prodotto molti effetti tuttora difficilmente decifrabili in chi ne è stato, in un modo o nell’altro, colpito. Conte è fra costoro. Anche se, per sua fortuna, non ha contratto il virus in termini clinici, l’aver gestito in prima persona la crisi pandemica – o meglio, la comunicazione ufficiale durante la crisi – gli ha messo a disposizione una quantità di strumenti di contatto urbi et orbi (di cui ha talvolta abusato) tale da fargli credere di poter essere il punto di riferimento per la collettività. E, soprattutto, di essere diventato un vero leader, non più il mediatore occasionale tra le diverse componenti dei governi da lui formalmente presieduti, come nei fatti era accaduto fino ad allora. Ma le situazioni di emergenza non durano in eterno, e con esse gli ‘stati di grazia’. Lo si sta vedendo in questi giorni, quando fatica persino ad assumere il pieno controllo di una struttura che gli era stata generosamente donata. Non è facile prevedere come andrà a finire il braccio di ferro con Grillo – probabilmente le acque per adesso si placheranno –, ma è già evidente che chi è costretto a ricorrere alla faccia feroce e a un continuo incensamento, come è accaduto nella conferenza-stampa di lunedì, per cercare di strappare il bastone di comando dalle mani del ‘garante’, non ha la stoffa per guidare saldamente un partito”. Un altro partito personale – la lista Conte, appunto – potrebbe funzionare? “Penso proprio di no. Specialmente se un Movimento Cinque Stelle ufficiale continuasse ad esistere. Il personaggio è troppo scialbo per esercitare un qualunque richiamo pseudo-carismatico, e attorno a lui si raccoglierebbe un nucleo di deputati e senatori non più in grado di assicurare un solido rapporto con la base ‘grillina’ e che presto si metterebbero in concorrenza tra loro per cercare di salvarsi dal prevedibile naufragio elettorale”. È immaginabile un M5s senza il suo fondatore Beppe Grillo? “Stando a qualche frettoloso sondaggio – come sempre, di affidabilità alquanto dubbia –, pare che un po’ più della metà degli attuali potenziali elettori M5S lo ritenga possibile se non addirittura opportuno. Ma è la metà di un 15%. Che senso avrebbe un partitino del 7-8%, se non quello di fare da spalla al Pd in uno scenario di opposizione? Perderebbe risalto e finirebbe per disgregarsi nell’arco di poco tempo. Grillo è stato l’ideatore, il volto, la voce, il richiamo dei Cinque Stelle, che i voti li hanno presi – e tanti – per le sue invettive, le sue iperboli, la sua capacità di ventriloquo della protesta e dell’indignazione. Senza di lui, resterebbe solo un manipoli di politici semiprofessionisti in cerca di collocazione e sopravvivenza”. Qual è il ruolo del Pd adesso? Enrico Letta sembra il più preoccupato dallo scontro Conte-Grillo... Rischia di restare senza alleati?  “Letta ha il merito di rendere chiaro che il suo è il partito del politicamente corretto. Né più né meno. Il partito di chi considera i temi degli autoproclamati ‘diritti civili’ più rilevanti di qualsiasi altri istanza sociale, culturale o economica. Il quesito è: quanta (e quale) parte della società italiana è disposta a seguirlo nel fare del voto ai sedicenni, nella concessione della cittadinanza a centinaia di migliaia di immigrati, nell’affermazione della teoria del genere inclusa nel ddl Zan, la propria bandiera, il proprio referente ideologico? Nei prossimi mesi ed anni salterà il tappo dei provvedimenti straordinari adottati per lenire le ferite superficiali della pandemia, e si dovrà fare i conti con i danni più profondi: licenziamenti, fallimenti e chiusure di attività produttive, tasse arretrate da pagare. Il Pd cosa farà di fronte a questo scenario? Penserà solo al sostegno di Conte e di Speranza? All’involuzione autoritaria in Ungheria e in Polonia? In quel caso, tanti auguri…”.