DAVID ALLEGRANTI
Pecore Elettriche

Forum, parlare di pace conoscendo la guerra

Il patrimonio intellettuale svanito. Fondato nel maggio 1984 e ora prossimo allo scioglimento. Ma nel 2024 c’è più che mai bisogno di riflessioni sulla pace e sulla guerra

Padre Balducci, simbolo del dialogo tra i popoli in nome dell’Uomo planeterio

Padre Balducci, simbolo del dialogo tra i popoli in nome dell’Uomo planeterio

Firenze, 5 maggio 2024 – “Avete in pochi anni svolto un’opera che tanti enti, istituti, centri, che pullulano nel nostro paese e vivono da anni, non si sono neppure lontanamente sognati si svolgere”, ha scritto una volta Norberto Bobbio in una lettera inviata a Furio Cerutti, filosofo e a lungo professore di filosofia politica nell’Università di Firenze. L’opera in questione era quella, assai preziosa, del “Forum per i problemi della pace e della guerra”, fondato nel maggio 1984 e ora prossimo allo scioglimento. Nel 2024 c’è più che mai bisogno di riflessioni sulla pace e sulla guerra, “ma a 40 anni dalla sua fondazione, il Forum non organizza più niente ed è in uno stato di abbandono”, ci dice il professor Cerutti, che è stato, dopo Mario Primicerio, presidente dell’associazione, nonché uno dei tre firmatari dell’atto notarile che le dette vita. Gli altri due erano il fisico Giuliano Toraldo di Francia, il creatore del Forum, e il giurista Andrea Orsi Battaglini. Un pezzo della storia scientifico-culturale fiorentina e italiana. L’associazione, ricorda ancora Cerutti, “non sarebbe partita senza l’appoggio convinto dell’allora presidente della Giunta regionale, l’indimenticabile Gianfranco Bartolini”. “Organizzavamo convegni internazionali e nazionali, seminari, corsi di formazione, pubblicavamo libri, working papers e un periodico, Quaderni Forum. Con finanziamenti ministeriali, regionali e dei governi locali mettevamo a concorso borse di ricerca”, racconta Cerutti, che aggiunge: “Ci sono tante ragioni per questa vicenda, ma una che non si può tacere è la progressiva ed infine totale caduta di ogni interesse da parte dei gruppi dirigenti fiorentini e toscani. I quali non hanno mosso un dito per impedire che andasse in malora quello che negli anni Ottanta e Novanta era il terzo centro italiano di studi e formazione in politica internazionale dopo l’ISPI milanese e lo IAI romano”.

L’associazione vantava un pluralismo scientifico e culturale che permetteva di spaziare con profondità nei vari ambiti della conoscenza attorno ai conflitti e alla pace. “Perché se non parli di guerra non capisci niente di pace”, dice Cerutti. Oltre a Toraldo, all’epoca 67enne, c’era Mario Primicerio, matematico, all’epoca 43enne, c’era Ernesto Balducci, allora 62enne. C’era Gianfranco Bartolini, “allora presidente della Regione; un vecchio operaio comunista fiesolano che aveva grande attenzione per le cose intellettuali”, ricorda con affetto Cerutti. È poi venuta una seconda generazione, ma non ce n’è una terza. Una generazione in grado di ripetere l’incontro multidisciplinare fra diversi saperi scientifici e quello fra i cattolici di ascendenza balducciana e lapiriana, i giovani provenienti spesso dalla Fgci e i laici o socialisti. “Alla fine della Guerra Fredda ci riconvertimmo sulla tematica dei conflitti in generale. Organizzammo convegni sulla secessione nella ex Jugoslavia, sull’ambiente, sulle migrazioni, guardando con più attenzione agli sviluppi nell’Unione Europea. Alla città fornivamo l’organizzazione di dibattiti pubblici, ben frequentati, fra studiosi e politici ”. Ai tempi gli studi internazionalistici, ricorda Cerutti, non erano così diffusi. O non se ne parlava o lo facevano soltanto gli esperti di diritto internazionale e qualche storico. “Era un campo di studi molto ingessato e compartimentalizzato. Noi mischiavamo le discipline, sfruttando le esperienze internazionali di alcuni di noi”. Grazie al lavoro del Forum, che ha formato e sostenuto con borse di studio giovani esperti di studi internazionalistici, sono nate anche competenze e carriere accademiche e diplomatiche. Oggi però le cose sono molto diverse, dice Cerutti: “È finita la curiosità interdisciplinare, si è ristabilito un rigido monodisciplinarismo con annesse sordità, invidie e gelosie fra esperti di settori diversi”. L’insensato sovraccarico didattico nelle università e lo svanito interesse al dialogo intellettuale sulla politica sono l’altra radice della fine del Forum. Anche se Cerutti avanza l’opinione che in altre città, come Bologna, le cose sarebbero andate forse diversamente. Perché Firenze sa essere anche molto avara, non solo in termini di risorse: “La curiosità, quella seria, intellettuale, il gusto delle combinazioni non sperimentate, non ordinarie, sono diventati beni rarissimi, fuori mercato”.