"La democrazia digitale ha mostrato i suoi limiti", dice Francesco Berti (M5S)

Il deputato grillino contro i vertici del Movimento: "Da un anno e mezzo il M5S non ha più una guida riconosciuta e a ogi questo limbo non sembra avere una data di fine certa"

Francesco Berti, deputato livornese del M5S

Francesco Berti, deputato livornese del M5S

Firenze, 7 maggio 2021 - Francesco Berti, deputato del M5S, è molto perplesso sul futuro del suo partito, che si è impelagato in una estenuante battaglia legal-notarile. Ammette - ed è tra i pochi a dirlo così esplicitamente - che la democrazia digitale non è risolutiva, anzi: “Limitarsi alla democrazia digitale ha mostrato i suoi limiti. La democrazia non può prescindere da un elemento fisico”. Ma andiamo con ordine: “Il Movimento 5 Stelle deve evolversi ma non stravolgersi”, dice Berti sul suo blog. “La questione dell’organizzazione del Movimento 5 Stelle è oggi centrale per la democrazia italiana, essendo il M5S la prima forza politica del Parlamento. Questa riorganizzazione deve sorgere da una volontà politica condivisa, non da una pronuncia di un tribunale o da una decisione di un’autorità amministrativa”.  Per rilanciare l’azione politica del Movimento “serve un accordo sulla forma organizzativa interna. Pensare di fare a meno dell’elemento che caratterizza il M5S, cioè la democrazia diretta e digitale, è irrealistico. Significherebbe snaturare il progetto iniziale e avventurarsi in territori sconosciuti.  Limitarsi alla democrazia digitale, però, ha mostrato i suoi limiti. La democrazia non può prescindere da un elemento fisico, costituito anche in sedi dove incontrare i cittadini e prendere decisioni in maniera collettiva. Per sostenere questo servono forme di finanziamento innovative e partecipate, ma anche il 2×1000 può rappresentare un supporto democratico e dal basso”. Alla fine insomma si torna sempre lì: ai quattrini. I parlamentari del M5S hanno scoperto a loro spese negli ultimi dieci anni quanto sia complicato fare politica senza risorse, specie adesso che la Casaleggio Associati reclama 450 mila euro. La democrazia ha un costo ed è giusto sostenerlo. “La piattaforma decisionale, l’infrastruttura digitale nella quale la volontà individuale diviene collettiva, deve essere gestita attraverso un’organizzazione democratica e trasparente, che unisca le due organizzazioni attualmente denominate Movimento 5 Stelle e Rousseau”, dice Berti. “Pensare di creare una nuova piattaforma da zero è irrealizzabile: cambiare piattaforma di democrazia diretta non è come cambiare operatore telefonico. La piattaforma deve essere ricondotta all’interno del perimetro democratico della nuova organizzazione, ma i gestori devono essere sempre autonomi e imparziali rispetto all’autorità politica, al fine di salvaguardare il processo democratico interno da eventuali manipolazioni”. Finora, di fatto, associazione Rousseau e Casaleggio junior tenevano i Cinque stelle in ostaggio. Ma i problemi non si limitano solo all’organizzazione, secondo il parlamentare del M5s. C’è anche una questione di classe dirigente: “È imprescindibile che il Movimento 5 Stelle mantenga e rilanci la propria carica innovativa e trasformativa, derivata anche da un ricambio generazionale radicale della classe dirigente mai visto nella storia della nostra Repubblica. Un ricambio che ha visto centinaia di cittadini comuni diventare consiglieri comunali, regionali, parlamentari, assessori e sindaci. Una comunità spesso non valorizzata dalla leadership del M5S, per carenza di organizzazione e risorse. Da un anno e mezzo il M5S non ha più una guida riconosciuta e, ancor più grave, ad oggi 7 maggio 2021 questo limbo non sembra avere una data di fine certa”. Da qui la proposta di Berti: un accordo politico fra Beppe Conte e Davide Casaleggio che porti alla fusione del M5s e dell’Associazione Rousseau.