Missione infermieri di famiglia Oltre 16mila le prestazioni erogate

Affiancano i medici che li attivano e li inviano al domicilio del paziente, dove verificano eventuali criticità. Fialdini, presidente Opi, ha sottolineato come "sia necessario motivare e valorizzare la professione"

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L’ospedale non basta più: la pandemia ha mostrato i limiti di un modello di cura per acuti centralizzato che dimentica il territorio. L’infermiere di famiglia e comunità, applicato come progetto sperimentale dalla Usl Toscana Nord Ovest su Montignoso nel 2021 e ora già ampliato a Massa, Carrara e parte della Lunigiana, vuole cambiare prospettiva. E pur si muove, la sanità che gravita attorno al paziente e non viceversa. Una rivoluzione che ha bisogno di tanto lavoro per diventare scienza esatta ma ha comunque mosso i primi passi e sta funzionando. Ma all’atto pratico di cosa si tratta? E’ una riproposizione di ciò che accade in ospedale su scala territoriale.

Una rete di professionisti che prendono in carico i cittadini, tutti ipotetici pazienti: il medico di medicina generale attiva l’infermiere di famiglia o di comunità (per legge il rapporto è di 1 ogni 3.000 cittadini) che si reca a domicilio del ‘paziente’ e prende atto non solo della singola prestazione richiesta ma di tutte le possibili criticità, se ci sono. In tal caso si apre la cartella e il medico visita il paziente, prescrive la terapia o altri percorsi. Se necessario si attivano altri professionisti specifici, infermieri specializzati in alcuni settori così come medici specialistici. Una rete di medicina territoriale diffusa che trova nell’infermiere di famiglia il collante, il punto di raccordo. E il sistema funziona, stando ai numeri messi a disposizione da Anna Fornari, direttrice delle professioni infermieristiche per la zona distretto Apuane e per l’ospedale. "I dati sono monitorati ogni mese, oscillano perché i cittadini possono entrare o uscire dal percorso. Fra Massa e Montignoso abbiamo 19 infermieri, a Carrara siamo partiti a metà luglio. Solo a luglio abbiamo avuto 47 nuovi casi e fino a giugno erano stati 450".

Il ‘caso’, ha ricordato Fornari, viene sempre aperto dal medico di medicina generale che attiva l’infermiere di famiglia: "Può essere anche di natura prestazionale come un prelievo domiciliare. L’infermiere che va a casa del paziente può anche segnalare al medico che la sola prestazione non è sufficiente ma ci sono altre criticità e così si apre un percorso complesso. Monitoriamo anche altri target del progetto come accessi o prestazioni. In questo anno circa di progetto abbiamo fatto 2.614 accessi fra Massa e Montignoso e 16.746 prestazioni. Poi 145 briefing di persona o al telefono fra infermieri e medici di famiglia, 315 telefonate ricevute dai pazienti di cui solo 3 per bisogno emergente e questo dimostra che l’infermiere è riconosciuto di famiglia è riconosciuto nel suo ruolo".

Una missione delicata quella dell’infermiere, ha ricordato Luca Fialdini, presidente dell’Opi Massa Carrara, evidenziando come il nuovo modello "superi quello prestazionistico con la presa in carico del paziente. Oggi in provincia abbiamo 1.880 infermieri, fra sanità pubblica e privata, in calo a causa dei pensionamenti e a un calo di appetibilità della professione. Abbiamo bisogno di motivare e valorizzare anche economicamente i professionisti, a oggi le risorse messe in campo per le professioni infermieristiche sono poche rispetto a quanto fatto nella pandemia. Il contratto è stato rinnovato da poco ma non sono ancora stati sbloccati i fondi".

Francesco Scolaro