Farmoplant, veleni nella falda dopo 29 anni

Le analisi dell'acqua: cosa finisce nel Lavello. Ad agosto scade l'autorizzazione allo scarico senza filtri e la Provincia deve decidere cosa fare

La nube nera della Farmoplant

La nube nera della Farmoplant

Massa, 18 luglio 2017 - Farmoplant, agosto 2017,il mese della svolta. Segnate la data sul calendario perché nei prossimi 30 giorni si gioca la salute del territorio. Ci si arriva quasi 30 dopo la chiusura dell’impianto, dopo 19 anni di sversamenti nel Lavello delle acque di falda contaminate che, come da autorizzazione della Provincia, vengono estratte da sei pozzi, ‘mescolate’ con acqua pulite e gettate nel torrente.

Ad agosto scade l’autorizzazione «senza filtri», rinnovata dalla Provincia nel 2013 e sarà ancora la Provincia a decidere se e come prolungarla: la competenza è rimasta a suo carico, lo ha stabilito il protocollo operativo del Ministero dell’ambiente di luglio 2016. C’è da sperare che le parole della dirigente di Arpat di Massa Carrara, Gigliola Ciacchini, registrate alla Commissione Ambiente del 22 marzo, non restino lettera morta: «Le acque vengono solo omogeneizzate ma ci deve essere una vera riduzione della massa inquinante. La legge prevede che ci sia un trattamento effettivo. Quest’anno lo chiederemo al Ministero dell’ambiente ».

Se lo dice Arpat, allora è il momento che il territorio faccia sentire la sua voce, come ha fatto il territorio quasi 30 anni fa, istituzioni in primis. E’ vero, Edison sostiene che gli inquinanti che si trovano nella falda non derivino dalle produzioni del dismesso impianto chimico ma non lo ha dimostrato e non ha convinto né il Ministero né Arpat. La falda sotto l’area ex Farmoplant è ancora piena di veleni e la situazione non è proprio migliorata in decenni di pompaggi. Negli uffici di Palazzo Ducale ci sono tutti gli atti che lo confermano, le analisi bimestrali, effettuate da Edison (nel 2014 affidate alla R&C Lav Srl, nel 2016 alla Merieux NutriSciences Chleab Srl).

Nell’acqua di falda il manganese è dalle 3 alle 7 volte oltre il limite (in un pozzo 780 microgrammi per litro quando il limite è 50). Passiamo ai composti cancerogeni: cloruro di vinile, 5 volte oltre il limite, dicloroetilene 9 microgrammi per litro quando il limite è 0,05 (18 volte oltre il limite), tricloroetano circa 3 volte sopra il limite di legge. In alcuni pozzi si trovano valori superiori anche di arsenico e dicloropropano.

Le acque inquinate vengono ‘omogeneizzate’ e gettate nel Lavello dove i parametri rientrano nei limiti di legge. C’è un ‘però’, sottolineato da Arpat: i valori di riferimento per le acque superficiali sono meno restrittivi rispetto alla falda. Prendiamo il manganese: nella falda il limite è 50 microgrammi, nel Lavello 2.000, 40voltesuperiore. E infatti nello scarico che dà sul torrente il valore del manganese è di 301 microgrammi, ‘fuori legge’ per la falda, non per il Lavello. Ecco perché bisogna che le parole di Arpat vengano tradotte in atti concreti e al rinnovo dell’autorizzazione allo scarico nel Lavello venga richiesta la realizzazione di un filtro.