‘Bosco’ di Rossano diventa un film Rita, attrice protagonista a 82 anni

Fa incetta di premi l’opera della regista Alicia Cano Menoni, arrivata dall’Uruguay in cerca delle sue radici

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di Natalino Benacci

"Se chiudo gli occhi vedo paesaggi che non so se esistono", dice Orlando Menoni, figlio di emigrati in Uruguay da Bosco di Rossano. Il padre Camillo era tornato due volte al paesino zerasco, nel 1923 e poi tre anni dopo, Orlando invece in Italia non era mai stato ma conosceva benissimo Bosco solo dai racconti in famiglia. Dai suoi ricordi virtuali la nipote Alicia Cano Menoni, diventata regista, è partita per raccontare il viaggio poetico verso le radici del nonno, morto nel 2020 a quasi 104 anni attraverso un docufilm intitolato ”Bosco”, un agglomerato di case sulle sponde del torrente Serra, affluente del Teglia, dove oggi vivono in undici, mentre al cimitero si contano 639 lapidi. Una specie di ritorno a Itaca.

"Per me è stata una ricerca per scoprire che cosa rimane quando tutto sembra destinato a scomparire – spiega Alicia, finita la proiezione l’altra sera a Adelano –. E’ un film in cui i personaggi imparano a dire addio dimostrando come ci rapportiamo con gli affetti che scompaiono e su qualcosa che resta da un lato e dall’altro dell’Atlantico". Il docufilm è coprodotto tra Uruguay e Italia, da Mutante Cine e MyBossWas, già selezionato al festival di Cannes, nel 2021 premiato come miglior film al “Nuovi Mondi Festival” di Valloriate (Cuneo), menzione speciale della giuria al Festival dei popoli di Firenze e la Biznaga de Plata come miglior documentario al Festival di Malaga. Infine il premio al Fluvione Film Festival dove si è imposto nella sezione Appennino Doc.

"Volevo raccontare una storia – aggiunge la regista – che non fosse lineare e non legata agli aspetti etnografici della comunità rurale di Bosco, ma che rivelasse emozioni. Per questo ho mescolato i tempi della narrazione creando una specie di limbo atemporale in cui i protagonisti sono i pochi abitanti del paese che raccontano favole. Avevo già tanto materiale girato qui durante le mie visite in Italia e poi sono venuta in due occasioni d’estate e d’inverno con una squadra di operatori. Ci siamo concentrati molto sulla ripresa dei paesaggi: il bosco che cambia, la neve, le lucciole. Abbiamo filmato le disastrose piogge del 2018".

Bosco è diventato anche per te, come per tuo nonno una dimensione dell’anima? "Quando sono in Uruguay ci penso spesso, immagino di essere sdraiata su un prato vicino al torrente". Qui ci sono agnelli e lupi, come nelle favole. Zeri è un antico crocevia montano, dove il tempo ha lasciato tracce affascinanti e misteriose, dove l’acqua serve anche i due mulini che frangevano le castagne per ottenere la farina, un tempo “il pan di Lunigiana”. Oltre al nonno Orlando in scena nella bolla uruguaiana, protagonista della pellicola è Rita Volpi, 82 anni. Una donna alle prese ogni giorno con la natura aspra e forte del paese, che combatte l’abbandono, svolge le semplici incombenze di casa. Poi altri residenti-attori: Gemma Tognarelli, Andreina Menoni e Giulietto Menoni. Siparietti ironici raccontano la voglia di vivere e il grande affetto per il paese, in attesa di nuovi capitoli.

Nel film rammentano il ritorno a Bosco del bisnonno di Alicia negli Anni Venti per contribuire a riparare il cimitero: arrivò con una borsa piena di caramelle che i bambini non conoscevano. Voleva anche portare le tubature al paese per far arrivare l’acqua potabile: sulla fontana c’è la targa con il nome di Camillo Menoni. Alicia è arrivata per la prima volta in Italia nel 2006 con una borsa di studio in cinematografia all’Università Cattolica di Milano.

"Venni a Bosco e fui accolta benissimo – ricorda la regista –. Al ritorno dal viaggio mio nonno, che abitava a Salto, città a 500 km da Montevideo, è venuto ad attendermi all’aeroporto: quando gli ho svelato che ero stata a Bosco di Rossano, lui si è messo a piangere. Poi gli ho fatto vedere le immagini del paese che ha sempre solo immaginato. Gli ho anche raccontato storie e aneddoti che mi avevano riferito gli abitanti di Bosco: hanno risvegliato in lui antiche memorie di altre vicende che aveva sentito raccontare dai genitori. Mi ha sempre stupito la sua grande conoscenza di Bosco di Rossano interiorizzata solo attraverso i racconti dei famigliari".

A Bosco non è mai venuto. "Diceva che l’unico rimpianto della sua vita era quello di non aver potuto vedere Bosco. Quando ho vinto un bando per girare questo film, gli ho detto che avrei voluto portarlo con me in Italia: aveva 100 anni, la sua dottoressa gli aveva detto che se lo desiderava poteva andare. Quella notte non ha dormito, ma il giorno dopo mi ha detto che non si sentiva di accompagnarmi. Ho capito che lui ormai non aveva bisogno di mettere i piedi a Bosco per sentirlo suo, perché quel paese faceva parte della sua anima ed era forse un desiderio più mio che suo".

Ma Alicia ha fatto anche da postina per unire da lontano nonno Orlando con il paesino. "Lui mandava regali che magari e in cambio riceveva farina di castagno, miele e funghi. Io gli ho portato soprattutto le immagini del paese. Ho iniziato questo documentario con i filmati girati per far vedere a mio nonno com’era il paese. Ho girato riprese per 12 anni e soprattutto quando i miei nonni hanno venduto la casa a Salto in Uruguay ho capito che c’era qualcosa che stavo cercando quasi con ossessione e che aveva a che fare con delle domande su questo grado di separazione, che è poi sfociato nella necessità di produrre quest’opera".