Acqua di falda, stop all’anarchia Il Piano dell’arenile detta le regole

Il Comune predispone una linea per la gestione della preziosa risorsa usata da molti stabilimenti balneari. Nelle zone in attesa di bonifica è vietato estrarla, gli altri perimetri subiranno delle drastiche limitazioni

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di Francesco Scolaro

Non ci sono solo belle idee e disegni per il futuro del lungomare massese all’interno del Piano attuativo dell’arenile e dei viali a mare preparato dai progettisti esterni per conto del Comune di Massa. Nelle carte si stabiliscono pure nuove regole per cercare di mettere fine all’anarchia nella gestione di una risorsa preziosa anche sulla costa: l’acqua di falda che viene attinta da circa un centinaio di stabilimenti balneari per vari scopi. Pozzi che vanno in profondità diversi metri ma di cui si sa poco o nulla mettendo a rischio la stessa risorsa e rischiando di provocare quello che viene chiamato fenomeno di intrusione salina.

Senza dimenticare che molte delle aree in cui sono stati realizzati i pozzi c’è il divieto di prelievo di acqua dalla falda a uso umano perché a valle della zona industriale ancora pesantemente inquinata in attesa della bonifica. I progettisti hanno quindi effettuato uno studio della situazione, aggiornato a giugno del 2022, attraverso un inventario dei pozzi tramite i dati forniti dal Genio Civile. I pozzi censiti all’interno del Paav sono 98. Di questi, 91 (93%) sono ad uso degli stabilimenti balneari e i restanti 7 risultano al servizio di altre attività svolte nel Paav come autolavaggio, rimessaggio barche. La maggior parte dei pozzi ha profondità comprese tra 6 e 8 metri, qualcuno arriva fino a 40. I 91 pozzi ad uso degli stabilimenti balneari sono ripartiti in 88 strutture poiché tre di queste hanno due pozzi concessionati ciascuno. Gli stabilimenti balneari sono 144: risulta che il 61% delle strutture ha pozzi di derivazione di acque sotterranee. Di questi 88, 39 possiede pozzi con concessione attiva in corso di validità, 37 stabilimenti balneari hanno la concessione dei pozzi scaduta per diversi motivi tra cui rinuncia, mancato rinnovo o pratica in corso di perfezionamento, 12 li hanno solo denunciati senza aver mai avviato una pratica finalizzata al rilascio di un titolo concessorio.

Ma il vero problema è che non si sa quanta acqua venga prelevata dalla falda all’anno perché solo 6 stabilimenti hanno comunicato i volumi di acqua estratti dall’acquifero il che rappresenta un pericolo per la tenuta stesa della risorsa idrica perché siamo sulla fascia a mare con un grado di vulnerabilità all’intrusione salita elevato. Per questo i progettisti hanno inserito nuove regole nella gestione dei pozzi per il futuro. Prima di tutto si consiglia di incentivare soluzioni alternative, come raccolta e impiego delle acque meteoriche, sfruttandole per la cassetta del WC o irrigare i prati. Dove poi è in vigore l’ordinanza, il rischio di intrusione è troppo elevato o la falda rischia di essere inquinata da altri fattori viene istituito il divieto di nuovi prelievi dal sottosuolo, compresi incrementi da quelli esistenti e questo vale anche per i tratti focivi. In pratica un divieto che riguarda tutta la zona a ovest, dal confine con Carrara fino al fronte mare della ex colonia Torino dove l’acqua di falda non può essere usata per docce, lavabi, riempire piscine o altro a prescindere. Dove non è in vigore l’ordinanza di divieto le attività devono certificare la bontà dell’acqua prima di usarla a scopo umano, quindi docce, lavandini, irrigazione o lavaggio auto: analisi e controlli periodici almeno semestrali di potabilità.