
Il pallone continua a rotolare anche durante le feste. E anche se non rotola per regalare tre punti a chi vince, propone sul palcoscenico storie di passione, talento e ricordi, che meritano di essere sottolineate. Eccone una, legata al passaggio del promettente Francesco Venturelli, 12 anni, alla Fiorentina: il “colpo” è stato messo a segno del Pietrasanta, rinverdendo una tradizione di fucina di giovani talenti della scuola locale. Ma dietro il nome di Francesco Venturelli - che a 12 anni, prima di tutto, deve pensare a divertirsi anche se aumenteranno i sacrifici giornalieri - c’è la storia della sua famiglia, visto che il nonno e il babbo sono stati calciatori non comprimari nel mondo del pallone toscano e italiano.
Nonno Enrico (scomparso nel 2016) è stato un grande difensore, nella storia della Carrarese vanta oltre duecento presenze, è infatti nella hit parade dei più presenti del club apuano. Ma non solo era un cerbero dallo sguardo gentile e dalla voce pacata, ma anche una persona dabbene nella vita di tutti i giorni, un maestro di pallone al quale si rivolgevano i giovani, sicuri di avere sempre un consiglio.
E con la stessa stoffa, sul quale si era innestato un talento superiore, ecco il papà di Francesco, Davide, difensore centrale svezzato nel settore giovanile della Don Bosco Mazzola ai primi anni ‘90, una squadra guidata da Luciano Pardini, che spedì tre giocatori nel settore giovanile di club di serie A, Baldacci e Quiriconi al Parma, Davide Venturelli al Torino. E con la maglia granata, Venturelli bruciò le tappe, venendo convocato per la Nazionale italiana Under 17 impegnata - nel 1993 - nei campionati mondiali di categoria in Giappone. Fra i suoi compagni di squadra due futuri miti del calcio azzurro e mondiale: il portiere Gigi Buffon e l’attaccante Francesco Totti, mica scartine.... Davide avrebbe potuto diventare un signor difensore da serie A - tra l’altro da ragazzino aveva talvolta il vezzo di giocare con la maglia fuori dai pantaloncini come faceva Franco Baresi - se gli infortuni non fossero diventati una costante del suo percorso di crescita. Infortuni che alla fine dei salmi lo hanno costretto ad alzare bandiera bianca.
Addio al professionismo, avanti con i dilettanti dove le soddisfazioni non sono mancate ma..... Ovvia una punta di rimpianto per quel che avrebbe potuto essere senza quei maledetti infortuni. Insomma, il calcio è il denominatore comune, il test del Dna della famiglia Venturelli: tre generazioni nel pallone. Ora tocca a Francesco nel ricordo del nonno e nel segno del padre. Il futuro ci dirà se... uno su mille ce la fa. Intanto ci prova, con realismo, passione, applicazione e soprattutto senza grilli nella testa, la carta di identità della famiglia-dinasty calcistica Venturelli.
G.L.