MAURIZIO GUCCIONE
Cronaca

“Nell’anima di De André“. Federico Dragogna e il suo show su Faber

Stasera e domani nell’Oratorio degli Angeli Custodi in centro storico lo spettacolo a ingresso gratuito nell’ambito di “Canone in verso” .

Stasera e domani alle 21 nell’Oratorio degli Angeli Custodi, in via dell’Angelo Custode, prosegue la 4ª edizione di “Canone in verso”, ciclo di incontri dedicati a musica e poesia ideato e organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. In scena “Quello che ho capito di De André”, lo spettacolo di Federico Dragogna (foto), conosciuto musicista, tra i fondatori del gruppo rock alternativo “I Ministri”. L’autore e musicista ha deciso, già dallo scorso anno, di dare vita parallelamente, al suo percorso artistico attraverso l’album da solista “Dove nascere”, una sorta di nuovo inizio... anagrafico. Lo spettacolo fa parte di un lavoro di scavo interiore sulla figura artistica e umana di De André, cantautore e poeta amato da molte generazioni. Abbiamo incontrato Dragogna per capire meglio questo suo lavoro sul cantautore genovese.

Citando il titolo dello spettacolo, cosa ha capito di De André?

"Il rapporto con De André ha continuato a rinnovarsi, ho potuto capire come il contatto con la sua opera è cambiato nel tempo, una fonte viva e in trasformazione; è stata l’esigenza di conoscere e approfondire certi aspetti, come ad esempio perché un gigante della canzone italiana fosse tirato per la giacca da destra e da sinistra, del perché risultasse così esplosivo: un po’ come il figlio che vuole capire di più del padre. Chiamerei tutto questo “Vangelo apocrifo” e sono certo che Faber sarebbe contento".

De André avvicina per molti motivi: per sentimento, curiosità o per contrarietà?

"Per tutto questo e per molto altro; rispetto a oggi la sua vita deve insegnarci come stiamo imparando a polarizzarci e sempre oggi lui si metterebbe di traverso così come ha fatto durante il percorso della sua vita".

Cosa direbbe di De André ai giovani, magari agli stessi che la seguono nella sua attività musicale?

"Durante uno spettacolo ho incontrato dei ragazzi che probabilmente già mi seguivano, confessando che non si immaginavano “quel” De André, così come l’ho rappresentato e raccontato. Mi sembra interessante e non di meno importante avvicinare anche i giovanissimi a Faber, farlo conoscere evidenziando particolari magari meno noti. I giovani dovrebbero sapere che De André aveva una grandissima paura di fallire, ed è la storia di un ragazzo che cerca la propria strada uscendo da quella di una famiglia senza dubbio performante".

Parliamo dello spettacolo di Lucca. Che cosa proporrà al pubblico?

"È immaginato quasi come un podcast, ci saranno sei capitoli dove racconto e sei brani musicali che eseguirò; una narrazione che parte dall’infanzia dell’autore, il ritorno alla campagna, del rapporto con il padre e il suo senso di cristianità".

Se le chiedo la sua canzone preferita di De André la metto in imbarazzo, ma glielo domando ugualmente: qual è?

"È “Il cantico dei drogati”, quella che ai tempi del liceo sventolavo con orgoglio; in realtà si tratta di un testo poetico di un suo amico anarchico, Riccardo Mannerini, anch’egli genovese, che De André ha solo adattato a canzone. Una cosa, questa, poco nota e che ho approfondito attraverso una mia personale ricerca. Nello spettacolo saranno inoltre presenti stralci di interviste a Faber e al suo fraterno amico Paolo Villaggio". Ingresso gratuito, prenotazioni sul sito www.fondazionecarilucca.it