«Noi ‘bullizzati’ da cronisti e social. Stop al fango, il Carrara non è così»

La protesta degli studenti assediati dalle troupe e dai veleni del web

Le studentesse dell'Itc Carrara

Le studentesse dell'Itc Carrara

Lucca, 25 aprile 2018 - «Bullizzati» da cronisti e social web. Bersaglio di giornalisti, psicologi e commenti avvelenati sul web, gli studenti dell’Itc Carrara, hanno un moto di ribellione, di «pancia». «Ora basta – dicono Eleonora Migali e Raffaella Lorello –: siamo 600, quelli che nei famosi video deridevano il prof erano solo 6. Un caso circoscritto a 6 ragazzi, e unico nella storia della nostra scuola, non ci può rappresentare. Chi giudica lo fa senza sapere: non sa nè le situazioni personali e familiari dei ragazzi nè sa della nostra scuola, altrimenti non parlerebbe così. E quando non si sa meglio tacere».    Eleonora e Raffaella, compagne di classe e di banco in quinta all’Itc Carrara oggi, si pongono una domanda che fa riflettere: «Siamo prossime al diploma, ma quanto varrà il nostro diploma?». Una domanda che rende perfettamente l’idea di quanto il caso abbia ingiustamente travolto tutto, il buon nome della scuola, l’ottimo lavoro di tanti ragazzi e degli insegnanti, testimoniato dalla professionalità del preside, il professor Cesare Lazzari, che ha dimostrato di saper gestire una situazione spinosa, con obbiettività e trasparenza, anche nel comunicare. «Una firma del giornalismo ha detto che è normale che questi fatti si verifichino in una scuola tecnica perchè - riporta Eleonora – chi manda i figli a studiare in una scuola tecnica sono le famiglie di operai, e quindi diventare in futuro ladri o mezzi delinquenti è una svolta da mettere in conto. Ma ci rendiamo conto?».    Raffaella, invece, ha provato a disinnescare l’ondata di fango del web. «Ho risposto ai commenti, sì. Non si può categorizzare, senza conoscere, singoli ragazzi o, addirittura, un’intera scuola, come invece stanno facendo anche alcuni adulti sui social – dice -. Nessuno giustifica o minimizza il gesto dei quei ragazzi, il rispetto è d’obbligo anche e soprattutto nei confronti di un insegnante che comunque è un pubblico ufficiale. Francamente quando abbiamo appreso la notizia siamo rimasti choccati: sulle prime, vista la portata e l’attenzione mediatica, pensavamo ci fosse stata un’aggressione fisica. Ripeto, i sei ragazzi hanno sbagliato, ma i provvedimenti consequenziali sono stati presi dalla scuola e dal preside. Ora basta prenderci a bersaglio».    Le telecamere sono sempre in agguato: almeno una o due troupe televisive nazionali ogni giorno attendono fuori dai cancelli l’uscita dei ragazzi e degli insegnanti, anche ieri. «Mi hanno intervistata a ‘macchinetta’, con domande pressanti, senza darmi modo neanche di riflettere – dice Elena Di Nardo, diciassettenne rappresentante di istituto degli studenti – . Non sono un politico, non ho questa dimestichezza. Tento di rispondere anche per riscattare la scuola, come è giusto che sia, ma davvero alla fine c’è da rimanere con l’amaro in bocca. Certo non avrei mai pensato, nel candidarmi al consiglio di istituto, di trovarmi in mezzo a un vortice simile». Un pressing continuo. Con il fango che non si ferma. Anche il servizio delle Iene non è piaciuto: «E’ assurdo colpevolizzare la scuola – dicono le tre studentesse –. Qui non si tratta di bambini piccoli. L’educazione e il rispetto deve venire da noi ragazzi, prima ancora che dalle nostre famiglie. La scuola non c’entra niente».