La Serie A non esisteva e la squadra era già al top

Tra il 1920 e il 1925 la formazione militò sempre nella massima serie. Giocatori quasi tutti indigeni, dai capitani Maggiani e Caiti alla stella Rossetti.

Migration

Dire che lo Spezia non è mai stato in A è vero se parliamo dal 1929, anno di nascita delle Divisioni Nazionali A e B. Ma esiste una storia precedente: come il Genoa rivendica i suoi nove scudetti, l’ultimo dei quali nel 1924, così lo Spezia vanta cinque stagioni in massima serie, dal 1920 al 1925. Il primo campionato federale fu disputato nel 1919-20, dopo il lungo inverno della Grande Guerra. Un torneo regionale di secondo livello, la cui vittoria aprì le porte alla Prima Categoria 1920-21, l’ultimo massimo campionato basato su gironi regionali. Arrivato terzo dietro Andrea Doria e Genoa, entrambi eliminati nelle fasi successive, lo Spezia aderì alla scissione della C.C.I. (1921), il meglio del calcio italiano che, guidato dal guru Vittorio Pozzo, guardava Oltremanica, con la prospettiva del professionismo. Due gironi di 12 squadre, lo Spezia arrivò penultimo nel suo. La scissione rientrò l’anno dopo, gli Aquilotti rimasero nella massima serie dopo spareggi di qualificazione. Nel 1922 le ragioni degli scissionisti trovarono una risposta con la Lega Nord, una serie A in embrione, 36 squadre in tre gironi, ridotte l’anno dopo a 24 in due, limite geografico Livorno, squadre della stessa città in gironi diversi. Le vincenti si sfidavano in una finale che valeva lo scudetto, che poi veniva “ratificato” contro la vincente delle leghe meridionali, di livello molto più basso.

La stagione 1922-23, giocata quasi tutta in campo neutro per la squalifica seguita agli incidenti contro il Genoa, vide gli Aquilotti finire quartultimi con il Derthona. Lo spareggio salvezza ebbe bisogno di due partite, perché la prima finì 0-0 dopo ben 207 minuti, interrotta solo dall’oscurità, come da regole di allora. Sette giorni dopo lo Spezia vinse 3-2 (tripletta di Gallotti). Anche il 1923-24 fu una stagione sofferta, la retrocessione diretta fu evitata con il penultimo posto, poi la salvezza arrivò in un quadrangolare di spareggio. Il 1924-25 fu l’anno della retrocessione.

Lo Spezia artigianale, con giocatori quasi tutti indigeni, dai leggendari capitani Maggiani e Caiti alla stella Gino Rossetti, che poi nel Torino fu recordman con 36 reti in un campionato (uguagliato da Higuain e Immobile), non fu più in grado di tenere il passo dello sviluppo del movimento. Ultimo scalpo illustre fu il Torino. Il commiato fu singolare: al Picco, alle 9 di mattina, per motivi di ordine pubblico, contro il Genoa, che vinse 1-0 e andò in finale con il Bologna, in quello “Scudetto delle pistole” ancora contestato, con tanto di commissione federale all’opera. All’appuntamento con l’Evo Moderno del calcio, nel 1929, lo Spezia ci arrivò lo stesso, ma in serie B.

Mirco Giorgi