Dal lockdown ai bugiardini: la pandemia non ferma l'arte di Manuel Cossu

L'artista spezzino, già apprezzato musicista, ha sfruttato i limiti imposti dall'emergenza Covid per dar vita ad una lunga serie di progetti, alcuni dei quali già realizzati. Li racconta e parla di sé in questa intervista.

L'artista spezzino Manuel Cossu

L'artista spezzino Manuel Cossu

La Spezia, 7 febbraio 2021 - La sua figura è duttile: è capace di passare dalla musica, con le bacchette in mano, all'arte, dove si esprime in modo unico scegliendo tecniche e supporti sempre diversi. Lo spezzino Manuel Cossu è batterista dell’inossidabile band Manges, ma anche pittore dotato di una capacità straordinaria di interpretare e stravolgere soggetti entrati nell’immaginario collettivo: opere che, come la sua musica, vanno ben al di là dei confini italiani. Per lui, nonostante la pandemia abbia penalizzato alcuni progetti, questo è un periodo di fermento, fra progetti imminenti e collaborazioni.

Cosa è rimasto in sospeso con il lockdown e come riparte?

“Il lockdown mi ha troncato la mostra ‘Fine pena mai’ allo spazio Germi di Milano, curata da Rossana Calbi. Avrebbe dovuto durare un paio di mesi, purtroppo in 20 giorni è finito tutto! Il 2020, tuttavia, non è passato invano: ho lavorato molto, sono uscite due pubblicazioni per Pondera Verborum, curate da Alessandro Chiodo, il saggio “Respiro” ed un catalogo. Progetti futuri: una rivista dedicata a Lilli Carati ed una mostra sui bugiardini; inoltre, sono stato contattato da un paio di gallerie per progetti ancora in via di definizione”.

Una nuova serie di opere fatte sui bugiardini: come nasce questa ispirazione? Come sarà la mostra in progetto? Perché proprio questa base?

“Tutto ruota attorno al deficit di attenzione, disturbo di cui “godo” da quando sono bambino. Questa mia propensione a distrarmi dalle spiegazioni mi ha creato problemi a scuola e nella vita. Il bugiardino è il simbolo della verità assoluta, delle regole e delle informazioni utili con le sue grafiche rigide, austere ed i contenuti drammatici. Io reagisco di fronte a tanta rigidità, sporcando con l’immaginazione e con le oasi mentali dove il mio cervello trova rifugio. Il mio non vuol essere un consiglio ad ignorare le avvertenze: è piuttosto invidia per coloro che dotati di intelligenza pratica riescono a destreggiarsi in tutto ciò. La mostra, di cui non esiste ancora una data, sarà a Roma e verrà curata da Luca Arnaudo, critico d’arte e collaboratore di Art Tribune. Lui ha mostrato da subito entusiasmo per il progetto, per questo lo ringrazio!”

Come vede il suo legame con la scena culturale spezzina, a cui è legato a doppio filo, e cosa pensa di averle dato?

“Io ho poco contatto con La Spezia città e le sue iniziative. Sono chiuso alla Skaletta da 25 anni circa e filtro tutto da via Crispi 168 (indirizzo del club, ndr). Ho contribuito a diffondere il fanatismo Ramones e poco altro: per me può bastare. Per questo non posso avere un opinione oggettiva del mondo della cultura spezzina. Posso ritenermi fortunato di aver avuto la possibilità di conoscere bene Jacopo Benassi e Lorenzo D’Anteo: oltre che artisti, maestri e grandi amici. Per me il lato umano viene prima di tutto e quelli che sto per elencare sono persone, artisti che apprezzo sotto ogni punto di vista: Riccardo Bucchioni, Giuseppe Gusinu e Lucia Lamacchia. Un'eccellenza cittadina è rappresentata dal collettivo di editoria indipendente ‘Mammaiuto’, ho avuto il piacere di collaborare con Samuel Daveti a due pubblicazioni, uscite per Traccia studio, al momento in ristampa”.

Il suo modo di dipingere è quasi fauve a volte, sembra molto fisico. Cosa la spinge?

“Il mio modo di dipingere è ispirato a Marco, un mio amico che non c’è più. Lui è stato il mio vicino di casa, aveva tatuaggi fatti nelle carceri di tutto lo Stivale: immagini sacre, fumetti e ritratti. Ricopiati da giornali o santini in modo spartano, ma dal risultato esplosivo. Un giorno lo vidi copiare una tigre da un poster: il risultato era disastroso, ma mordeva più dell’originale! Io cerco di riprodurre ciò che cattura la mia attenzione e che mi fa star bene, per sdebitarmi dell’aiuto che ricevo da questi soggetti li dipingo; non so con quale risultato, ma credo venga fuori la mia gratitudine!”

Come sceglie i suoi soggetti?

“Seguo tre regole fondamentali: dipingo soggetti a cui sento di dover qualcosa, mi ispiro a fotografie e uso solamente materiale che mi circonda in casa; i soggetti sono o inanimati o non più in vita. Mi piace pensare di donare un'altra vita a questi personaggi, dargli pace e far tacere i loro demoni”.

Lei è pure un artista da esportazione: qual è la cifra che la fa amare al di là dei confini, non solo regionali, ma anche italiani? La forza dei suoi lavori qual è?

“I Ramones e James Ellroy vissuti al 100%, 24 ore su 24, sempre e per sempre. Più l’aiuto di Massimo Zannoni, bassista dei Manges, e Federica Pantani che fanno in vece mia tutto il lavoro dietro le quinte: grafiche, social, foto professionali e si occupano di tutte le grane, alle quali non saprei far fronte!”

Collabora con un altro pezzo da novanta della scena spezzina: Jacopo Benassi.

“Con Jacopo ci conosciamo da anni. Mi trovai a parlare con lui di Lilli Carati, che stavo disegnando. Gli venne l’idea di raccogliere tutti i disegni e produrre una rivista per poi pubblicarla. Mi ha successivamente messo in contatto con lo scrittore Gianni Miraglia per scrivere un contributo. Con Jacopo risulta tutto molto veloce, o è sì o è no: il progetto è partito perché a lui è piaciuto. Fine della storia”.

Cosa lega i Manges alla sua arte? In qualche modo, s'ispirano a vicenda? 

“Noi membri dei Manges siamo ispirati in generale dalle stesse cose, siamo cresciuti insieme e ci siamo influenzati a vicenda. I quadri sono un'altra cosa: una realtà che c’entra relativamente con la band, in cui c’è poco del gruppo e dei suoi membri. Mi supportano sempre, ma non so quanto a loro piaccia veramente quello che faccio. Devo raccontare un aneddoto: per il nostro ultimo disco ‘Punkrock addio’ ho ricevuto i complimenti per il Deedee Ramone presente nel retro copertina. Peccato che non sia opera mia! Hanno usato un Deedee dipinto da un nostro amico artista e la cosa mi ha ferito, anche se trovo il risultato bellissimo!”

Chiara Tenca