L’arbitro della palla ovale "In campo con gli azzurri"

Daniele Biagioni nel team chiamato a dirigere la partita Italia-Sudafrica "Una grande emozione a contatto con colleghi di livello internazionale"

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Dai campetti di periferia alla partita della nazionale. E quando lo racconta Daniele Biagioni, 39 anni spezzino, stenta ancora a crederci. La sua storia ruota tutto intorno alla palla ovale sin dai debutti come giocatore nel Rugby Spezia con cui ha vinto il campionato regionale Under 14, per poi approdare in serie C con la prima squadra di cui è stato capitano fino al 2008. "Poi – racconta Biagioni, tecnico elettricista al Terminal del Golfo – a causa anche di alcuni infortuni ho dovuto smettere, pur continuando seguire la squadra per 10 anni. Ho fatto anche l’allenatore nelle giovanili". Ma il richiamo del campo è stato troppo forte, così spinto da Giacomo Giovanelli (responsabile tecnico per la Liguria) si è iscritto al corso per diventare arbitro di rugby. Dalla mischia al fischietto sempre sulla spinta della grande passione per il gioco. "Ho iniziato con le partite giovanili, da lì sono passato all’Under 19" grazie agli ottimi voti degli osservatori che hanno valutato le sue prestazioni "poi è arrivato il debutto in serie C; in questa categoria mi è capitato di arbitrare il Rugby Spezia trovando in campo ragazzi con cui ho giocato per tanti anni. Una bella emozione". L’ulteriore passaggio verso l’alto ha lo portato a cimentarsi come giudice di linea in serie A. Ogni settimana fa parte della terna chiamata a dirigere gare della massima serie di rugby.

E la nazionale? "E’ stata una bella sorpresa, non mi aspettavo quella designazine" arrivata in occasione dell’amichevole Italia-Sudafrica giocata allo stadio ’Marassi’ di Genova. "Ho fatto parte del team arbitrale nel ruolo di ’sesto uomo’ incaricato, insieme ai colleghi, di gestire le panchine, le sostituzioni e un po’ tutta la parte esterna al gioco in campo", a stretto contatto con una terna anglosassone di grande esperienza. "L’arbitro e un assistente erano inglesi, l’altro assistente scozzese, fare la partita con loro mi ha arricchito molto. Ho provato una grande emozione all’ingresso in campo davanti a 27mila persone". Finita la partita c’è stato spazio per il consueto ’terzo tempo’ diventato tradizione di uno sport fisicamente duro, ma che fa della sportività e del rispetto uno dei suoi cardini. "Il capitano ad esempio è l’unico a poter parlare con l’arbitro. Il terzo tempo? Dopo le ’botte’ sul campo le squadre si ritrovano nella ’club house’ della società ospitante, dove di solito si mangia e si beve tutti insieme. E’ anche un’occasione per confrontarsi: gli arbitri possono capire quali episodi gli siano sfuggiti in campo, i giocatori chiedono come migliorare nel loro gioco". Il tutto con la tradizionale passione e il fair play caratteristici della palla ovale (info federugby.it)

Claudio Masseglia