Spezia, scontri allo stadio, 37 indagati. Ultras napoletani smascherati dalla procura

Dopo i Daspo, gli avvisi di conclusione delle indagini per i disordini al Picco e in via XV giugno risalenti al 22 maggio scorso. Trentasette indagati e 90 capi di imputazione

Un tifoso napoletano mentre scavalca la recinzione all’interno dello stadio Picco

Un tifoso napoletano mentre scavalca la recinzione all’interno dello stadio Picco

La Spezia, 10 settembre 2022 - E’ approdata ieri alle notifiche degli avvisi di conclusione indagine ai tifosi campani la prima tranche dell’inchiesta sui disordini del 22 maggio scorso in occasione della partita Spezia-Napoli, ultima del campionato di serie A, conclusa con la vittoria della squadra azzurra sugli aquilotti già matematicamente salvi. La coincidenza col match al San Paolo suona a monito, non solo per gli indagati napoletani ma anche per quelli spezzini ai quali è stata inibita la trasferta a mezzo bus per motivi di ordine pubblico. Della serie: state buoni perché, per chi si macchia di reati, la resa dei conti con la giustizia è inesorabile. A volte lenta, in questo caso veloce.

L’offensiva giudiziaria segue quella dei Daspo - per il divieto di accesso agli stadi e alle strade limitrofe - già scattati all’inizio dell’anno. Alla base degli uni e degli altri c’è l’imponente lavoro svolto dagli inquirenti della Digos per identificare gli autori dei reati, allo stadio e fuori dello stesso. Roba la ’bruciarsi’ gli occhi visto che il percorso investigativo per dare nome e cognome agli indagati è passato dall’esame di ore e ore di filmati registrati dalle telecamere spia fisse e mobili al Picco - teatro dell’invasione di campo che aveva portato alla sospensione momentanea della partita - e dagli smartphone che hanno documentato i disordini in via XV giugno: la rissa e l’esplosione di una bomba carta che ha comportato l’amputazione della dita della mano destra di un tifoso napoletano.

Chi pensava di poterla fare franca per i comportamenti assunti allo stadio - confidando nell’effetto-travisamento attuato con berretti, cappucci e foulard per occultare il volto - deve ricredersi: i vestiti indossati e (in alcuni casi) i tatuaggi hanno fatto da trama del confronto con le immagini a volto scoperto, al momento del disordini nei pressi della cittadella della Caritas. Ad incastrare i tifosi anche l’esame di fonti di archivio (c’è chi era già incappato in passato nelle maglie della giustizia) e di fonti in carne e ossa, dimostratisi collaborative.

Gli avvocati che difendono gli indagati hanno ora modo di accedere agli atti e verificare, così da impostare le contromosse: deposito di memorie o richiesta di interrogatorio, entro 20 giorni dalla ricezione dell’avviso. Per ogni inquisito è stata realizzata una scheda fatta di confronti fotografici e deduzioni.

Il pm Maria Pia Simonetti ha curato la laboriosa stesura dei capi di imputazione ad personam: ben 90 quelli confezionati. Un lavoro chirurgico. Si spazia dalle violazioni delle norme scritte dal legislatore nel 1989 a tutela della sicurezza delle manifestazioni sportive alle violazioni della legge 152 del 1975, in materia di ordine pubblico, fino ai reati comuni di rissa e lesioni. La prima è quella avvenuta in via XV giugno, quando il tifoso napoletano ha perso le dita, martoriate dall’esplosione della bomba carta che aveva in mano (raccolta da terra o dallo stesso innescata, poco cambia per la configurazione del reato); le seconde sono quelle sofferte allo stadio da uno steward colpito con una cintura di cuoio dotata di fibbia metallica mentre cercava di contrastare l’invasione di ampo.

Quanto agli oggetti-arma usati dentro e fuori del Picco, il plafond è vario: oltre alle cintura, dai capi di imputazione emergono bastoni, aste, manganelli, tubi rigidi di plastica, razzi ad uso nautico. A conti fatti, visto l’armamentario, poteva accadere di peggio. Se ciò non è accaduto e anche per la gestione dell’emergenza, col questore Lilia Fredella in prima linea. Alla fine a ricorrere al pronto soccorso solo un numero limitato di persone, compreso chi, in via XV, estraneo alle tifoserie, è stato colpito alla cieca, per poi trovare riparo nella sede della Caritas, tra le premure degli immigrati nel piazzale.

Corrado Ricci