
"Il canto dei poeti". E’ questo il titolo dell’ultimo libro scritto da Mauro Chechi, poeta e cantore che come nessun altro può raccontare la storia di una vera e propria arte qual è quella dell’improvvisazione in ottava rima. Un arte che deve però trovare un terreno già fertile, perché è pur vero che la tecnica si può imparare ma la fantasia, l’estro, la capacità di prendere il "rimbalzo" di una strofa e costruircene un’altra a seguire non si inventa, perché questa è una dote innata. E difficile.
Mauro Chechi improvvisa, certo, ma è ben lontano dall’essere un improvvisatore perché la sua capacità di fare rime – oltre ad una capacità straordinaria – sono il frutto di anni di studio, di lavoro e di perfezionamento.
"Questo libro – dice Chechi – riguarda i cantori che hanno improvvisato in versi dall’aedo Demodoco, ricordato nell’Odissea dal mitico Omero, fino ai cantori che si esibiscono ai nostri giorni. Si riportano ottave improvvisate su temi assegnati estemporaneamente".
Lo dice quasi come fosse la cosa più naturale del mondo, qualcosa che può venir fuori come quando canticchi sotto la doccia, ma basta poi andare ad ascoltare un’esibizione, magari un raduno di poeti estemporanei, per rendersi conto di quanto in realtà sia difficile improvvisare e rispettare la metrica dell’ottava rima.
Chechi ha un grande bagaglio di esperienza, ormai. Fatto anche di teatro, cinema, spettacoli sul palco da solo o insieme ad altri cantori. I suoi brani sono stati anche tradotti in spagnolo.
Adesso ama soprattutto far conoscere questa arte, tiene corsi nei circoli, nelle associazioni culturali e nelle scuole. Insegna che si deve vincere anche la paura di sbagliare. "Ai ragazzi dico sempre: c’è stato uno che, sbagliando, ha scoperto l’America".
Luca Mantiglioni