
Tifosi della Fiorentina nei distinti mentre seguono la partita con attenzione e partecipazione
Zetti
I numeri sono chiarissimi: la Fiorentina ha migliorato il risultato dello scorso anno e ha raggiunto il sesto posto in classifica, roba che appena 12 mesi fa significava Europa League. Niente da dire. L’obiettivo, quello di fare un passo in avanti, è stato raggiunto. Eppure, se il campionato fosse finito dopo i primi 45 minuti di Udine, saremmo tutti a parlare di una stagione fallimentare: "zero tituli", niente coppe, squadra da rifare. Già, nel calcio cambia tutto alla velocità della luce. Ma allora perchè Firenze continua a dividersi tra chi festeggia e chi ritiene che le cose non siano andate per il verso giusto? Il discorso è complesso. Italiano o Palladino cambia poco. Filosofie e stili diversi, risultati simili e critiche rivolte ad entrambi. Il gioco della squadra del tecnico di Mugnano non è il massimo, ma alla fine a contare sono i risultati. La verità è che la Fiorentina sembra sempre a un passo dall’obiettivo ma non riesce mai a centrarlo del tutto. In sei anni di era Commisso abbiamo galleggiato fra l’ottavo e il sesto posto (tranne le prime due stagioni di assestamento). Firenze ha sofferto, ha sperato, ha sognato, ha sentito pronunciare la parola ambizione, forse è andata addirittura oltre immaginando chissà quali traguardi. Ma la Fiorentina è come un petardo: accendi la miccia e alla fine, invece, di una bella esplosione, scoppietta e ti si spegne fra i piedi. Se poi ci mettiamo il carattere dei fiorentini capaci di dividersi su tutto anche ai tempi della Champions, allora il gioco è fatto. Resta però la sensazione di un’occasione perduta, di quel che poteva essere e non è stato. Proprio come quel petardo che hai acceso tappandoti le orecchie, ma che alla fine non ha fatto il botto che tutti si attendevano.
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