STEFANO CECCHI
Sport

Dusan il prescelto, bomber da saper aspettare

Uno che a sedici anni giocava il derby di Belgrado non può temere uno stopper della Spal o del Benevento

Vlahovic con Prandelli (foto Germogli)

Firenze, 15 genanio 2021 -  A 20 anni Batistuta giocava ancora nell Newell’s Old Boys, realizzando 4 gol in 16 partite del campionato argentino. Fra i soprannomi che si era guadagnato c’era anche «El Camion» per i movimenti possenti ma sgraziati che mostrava in campo. Alla stessa età Luca Toni giocava in C1 col Fiorenzuola. Siccome segnava ogni morte di Papa (2 gol in 26 partite) il suo allenatore, Alberto Cavasin, un giorno lo convocò a pranzo e gli disse: «Tu sei troppo bello per giocare al calcio». Un altro bomber di un certo peso nella storia viola, ovvero Sergio Clerici, a 20 anni arrivò a Lecco in serie A gonfiando per una sola volta la rete mentre Maraschi, il centravanti del secondo scudetto, a quell’età giocava ancora in serie C nella Pro Vercelli. Tutto questo per dire che il ventenne Dusan Vlahovic è più forte di Bati, di Toni e degli altri? Per carità. Tutto questo per dire che non avere pazienza e, dunque, non concedere fiducia a un calciatore che già lascia intravedere tracce meravigliose di centravanti ciclonico, sarebbe autolesionismo tafazziano. Perché Dusan Vlahovic sembra nato apposta per fare il bomber. Un prototipo di calciatore massiccio come il Muraglione e prepotente come la tramontana, che porta il 9 sulla schiena con la stessa naturalezza della Sieve che si tuffa in Arno, la mimosa che fiorisce a marzo. Roba che sta nella legge di natura. Viene dal Partizan, il club di Belgrado fondato dai partigiani serbi, nelle cui giovanili ha segnato costellazioni di reti. Da qui il salto a soli 16 anni in prima squadra con tanto di triplice record: il più giovane debuttante nella storia del club, il più giovane a segnare un gol in campionato (contro il Radnik Surdulica), soprattutto il più giovane a giocare un derby di Belgrado. Ora: la stracittadina fra Partizan e Stella Rossa per molti è il derby più cattivo del mondo. «Delije» contro «Grobari»: gli «Eroi», gente che va a testa alta contro chiunque, eternamente in lotta contro i «Becchini», quelli che ti tirano fuori dalla tomba per darti il resto. Uno che a 16 anni, l’età dei brufoli e delle cotte adolescenziali, era in campo con intorno questa roba qua, davvero può spaventarsi davanti a un terzino della Spal o uno stopper del Benevento?  Dusan Vlahovic ha la fisiognomica del centravanti guascone. Quello che ti sfida a duello e poi spara sempre per primo: Pum!. Un numero 9 con gli attributi. «Ma in fondo un centravanti senza palle e come una frittata di patate senza uova». Lo sosteneva Vázquez Montalbán non Alvaro Vitali, c’è da credergli. Certo, a 20 anni si è per forza imperfetti. Progetti di calciatore che non possono ancora essere compiuti. C’ho solo vent’anni / E già chiedo perdono per gli sbagli che ho commesso, cantano i Manesquine e anche lui di errori sa di averne commessi: alcune gare piene di sbavature, ingressi in campo fatti di irrequietezza e caos, la gara con l’Inter tempo fa, quando un suo errore sottoporta e poi una leggerezza difensiva consentirono ai nerazzurri di vincere 4-3 in extremis. Ma quelli sembrano tempi lontani, un’altra era geologica. Oggi Dusan è altro rispetto ad allora. Non solo i gol prepotenti con Juve e Cagliari, ma una presenza in campo più assidua, meno carsica, quasi indispensabile. Non è insomma un caso se anche l’altro ieri, nella sfortunata gara di coppa con l’Inter, il suo ingresso in campo abbia trasformato la tiepida Fiorentina del primo tempo nell’incandescente squadra del secondo. Merito anche di mister Prandelli, formidabile seminatore di calcio, che ha intravisto nel talento grezzo di Dusan la luce del diamante e gli ha concesso fiducia, consegnandogli strutturalmente la maglia numero 9 e insegnandogli contemporaneamente i movimenti e i tempi del centravanti che in lui mancavano e che, in parte, mancano ancora.  Vlahovic, bomber in itinere, attaccante col fragore potenziale del tuono. Se poi sarà Bati, se sarà Toni o se sarà altro, solo il tempo potrà stabilirlo. Ma oggi negargli questa possibilità di futuro per impazienza o, peggio, per snobismo, non sarebbe saggio, non sarebbe conveniente, non sarebbe da tifosi viola.