
Gianni De Magistris con Giancarlo Antognoni
Gianni De Magistris, 70 anni oggi e non sentirli, anche perché ha smesso da tanto di festeggiare il compleanno.
"E’ vero (ride, ndr) non lo faccio più, anche perché spiritualmente mi sento ancora un ragazzo. Pensi che sono anche dimagrito. E poi mi ricordo tutto, come se fosse accaduto un’ora fa".
Perfetto, allora se si volta cosa ricorda degli inizi?
"Devo tutto all’Arno. E’ iniziato tutto nel nostro fiume che all’epoca era la nostra piscina. Anche se poi ho iniziato alla "Muzzi", l’impianto di piazza Beccaria che adesso non c’è più. Ora c’è l’archivio di Stato"
Pensava di poter diventare così forte?
"No, assolutamente. A nove anni, appunto alla Muzzi ero il più forte nuotatore di tutti. Poi tra i 10 e i 12 anni ho avuto una involuzione pazzesca, tanto che arrivavo sempre tra gli ultimi e pensavo anche che l’acqua non facesse più per me. L’insistenza della mia mamma ha fatto sì che invece non alzassi bandiera bianca. La mia fortuna è stato incontrare Enzo Zabberoni, che mi ha cambiato stile e da lì è partito tutto"
L’emozione più grande in carriera?
"A 17 anni e mezzo l’esordio alle Olimpiadi di Città del Messico. Da lì in poi sono state cinque consecutive le rassegne degli anelli a cui ho partecipato. Ma la prima volta difficilmente si dimentica"
Qualche rammarico per non essere riuscito a ottenere qualcosa, restando nello sport?
"Ho sempre fatto di testa mia anche nelle scelte, come quella volta che dopo gli Assoluti di nuoto del 1967 fatti, da favoritissimo, in tono minore decisi di optare definitivamente per la pallanuoto quando in tanti mi dicevano di continuare"
Il compagno che non dimenticherai mai?
"Ce ne sono tanti, difficile, ma il mio fratello Riccardo è sempre stato quello che mi ha sempre spronato e dato tranquillità. Poi Panerai e Pizzo, come il gruppo azzurro della mia generazione. Ci sentiamo ancora con grande affetto"
E l’allenatore?
"Ne ho avuti tanti, ma Zabberoni come detto è stato un maestro. Non solo per me, ma per una generazioni di atleti tra cui Pedersoli, cioè Bud Spencer"
Se Dino Meneghin è il monumento nazionale del basket, si può dire lei è quello della pallanuoto?
"Penso di sì, magari con Eraldo Pizzo a livello mondiale".
Il Pallone d’oro è stato assegnato una sola volta. E a lei. Vorrà pur dire qualcosa.
"Lo devono dire gli altri, ma indubbiamente fa piacere. Un riconoscimento importante per la mia carriera".
Da giocatore ha vinto tanto, da allenatore ha vinto tutto...
"Beh, tutto no, ma ho vinto soprattutto il rispetto degli avversari ed è l’aspetto che conta di più".
E’ considerato uno scomodo, ma è davvero così?
"Sono una persona corretta e leale e dico sempre quello che penso e non mi piacciono i soprusi. Se è questo essere scomodi, allora lo sono"
Sappiamo che per lei sarà un natale diverso... troppi ricordi.
"Sarà il primo senza mia moglie Marcella, per questo volevo scappare dalle feste, ma il Dpcm mi ha fregato. Per fortuna ci saranno le mie figlie e i miei due nipoti che mi faranno sorridere".