
Il primo fu Felipe Melo. Era l’estate del 2009 e pur di averlo la Juventus sborsò alla Fiorentina la clausola di 25 milioni di euro. Sembrò un gran colpo: in viola il mediano brasiliano aveva concluso una stagione da urlo. Invece, in bianconero, Melo si trasformò in altro, un giocatore confuso che se ne andò dopo due stagioni col marchio di "bidone". Certo, è solo un divertissement, ma colpisce rileggere cosa è successo a chi negli ultimi anni ha voluto andarsene a ogni costo da Firenze. Una lunga serie di fallimenti, quasi esistesse una "maledizione" che marchia chi se ne va con irriconoscenza.
Anche Stevan Jovetic nell’estate del 2013 fece di tutto per andarsene. Dicono lo seducesse la Juve ma alla fine fu il Manchester City ad aggiudicarselo per 30 milioni di euro. Solo che in premier Jo-Jo si perse. Addio notti magiche di doppiette al Liverpool e al Bayern in Coppa Campioni: con i Citizens fallì al punto che i tifosi vararono l’hastag "WhereIsJovetic?". Smarrito e mai più ritrovato nemmeno nelle esperienze successive con Inter, Siviglia e Monaco. Una storia simile a quella vissuta dal "gemello" Adem Ljajic. Anche lui, nella stessa estate del 2013, ritenne finita la sua avventura fiorentina dopo 3 anni in cui aveva fatto intravedere lampi di talento cristallino. Fu la Roma a portarlo via ma sia in giallorosso che nelle successive squadre (Inter, Torino e Besiktas) Ljajic è sempre rimasto un’incompiuta, alternando colpi da campione a lunghe pause di nulla. Una delusione.
Esattamente come Nikola Kalinic, che nell’estate del 2017 pur di andarsene da Firenze arrivò a presentare un certificato medico che ne stabiliva l’esigenza di 5 giorni di riposo "perché turbato dalle voci di mercato". Alla fine se lo aggiudicò il Milan. Ma in rossonero si rivelò la brutta copia di quel centravanti che due anni prima aveva sbalordito l’Italia calcistica. Dato questo che ritroviamo anche nel destino di Neto, titolare portentoso a Firenze e panchinaro alla Juve e al Barcellona; in quello di Milan Badelj, che nel 2018 se ne andò direzione Lazio salvo poi tornare l’anno successivo con la coda fra le gambe; o in quello di Matja Nastasic, che sia a Manchester che nello Schalke 04 è sembrato la pallida copia del difensore di livello ammirato in viola.
Una sequela di fallimenti che arriva fino a oggi, con il passaggio dalla Fiorentina alla Juventus di tre talenti cresciuti nel vivaio viola. Da Bernardeschi, che dopo essersi pensato potenziale pallone d’oro, a soli 28 anni gioca in una squadra canadese; a Chiesa, che vittima di un grave infortunio non è riuscito a mostrare a pieno il valore; fino a Dusan Vlahovic, che da bomber fragoroso qual era è diventato un attaccante nervoso e piagnucolante, nel mirino dei tifosi juventini che niente gli perdonano vista la cifra spesa per averlo. Per carità, storie casuali, che niente hanno a che vedere con ipotetiche "maledizioni" che appartengono solo al buio credulone del medioevo. Lo stesso, fossimo in qualche giocatore viola con l’uzzo dello strappo, un po’ ci penseremmo. Anche perché, come diceva il grande Edoardo De Filippo, essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male.