La violenza nel vuoto delle risposte

L'editoriale della direttrice de La Nazione

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 1 novembre 2020 - Gli sfascia carrozze coi volti coperti e cattivi di venerdì sera a Firenze avevano vent’anni, qualcuno anche meno, nessun colore politico perché i partiti appartengono a generazioni in cui non si sono mai riconosciuti e in cui non hanno alcun bisogno di riconoscersi, una rabbia da antagonismo senza bandiere e senza quartiere: distruggere per distruggere, urlare per urlare. Far casino per far casino. Il nemico si chiama governo, si chiama Covid, si chiama polizia. Ma l’inneggiato appello alla libertà - urlavano Libertà Libertà Libertà, mentre si arrampicavano sui semafori, distruggevano telecamere, lanciavano bottiglie - non aveva nulla dell’epico e nobile Dna di una parola che ha costruito la nostra storia recente.

Primo comandamento: libertà. È oggi, questa, una parola svuotata e appassita, sullo sfondo di una pandemia che sta riportando impietosa a nudo - come già a marzo ma con molte meno scuse - tutte le nostre mancanze e debolezze: la burocrazia, un Paese stanco e vecchio, l’inefficienza di un sistema sanitario esausto, la pochezza di istituzioni da tempo svuotate di credito e di autorevolezza. E poi, dall’altro lato, ha acceso la definitiva miccia dello scontro fra le due fette in cui l’Italia è stata divisa dal Covid, costruendo il campo di battaglia su cui si consuma questa nuova guerra sociale: non più destra contro sinistra, ma garantiti contro non garantiti. Ecco il nodo del malcontento, della rabbia, delle differenze con cui si tracciano abissi. Che sono più solidi e profondi delle bande di teppisti che hanno sequestrato le nostre città negli ultimi giorni (Firenze, e prima Napoli, Torino, Milano), abilissimi a strumentalizzare e poi a incendiare il malcontento.

Eravamo abituati a percepire l’esistenza inalienabile di diritti che fossero di tutti, per tutti. Eccola, la libertà. Oggi quei diritti non sono più tali, perché la pandemia ha diviso il mondo tra chi può continuare a lavorare e chi non può, tra chi può continuare a contare su uno stipendio e chi non può, tra chi andrà avanti e chi avanti non andrà, tra chi è sano e chi non lo è. È in questa frattura, è in questi vuoti di risposte che montano la violenza, la rivolta contro tutto ciò che è istituzione, giornali compresi, il delirio dei negazionisti del Covid, che intanto continua a falciare vite umane, a sfiancare ospedali già fuori controllo e un sistema sanitario spompato.

La politica appare pallida e debole, si nasconde impaurita dietro la cautela, con cui prende provvedimenti sanitari così come economici che hanno tutta la fragilità del provvisorio. L’effetto è di un Governo prudente solo perché incapace di dare vere risposte, con il risultato di scontentare tutti, e di lasciare soli i più deboli: siano essi malati, siano essi lavoratori. È qui che perde la nostra storia. È qui che la parola Libertà smette di avere un senso, diventa solo un suono scomposto. Proprio come venerdì, nella notte di Firenze.

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