Prigionieri del fiume. A 80 anni nella casa inaccessibile

L’odissea dei Righi: demolito il ponte, attraversano il corso sulle assi

I coniugi Rinaldo e Barbara Righi

I coniugi Rinaldo e Barbara Righi

Figline Valdarno (Firenze), 16 aprile 2018 -  Nella storia  del ponte del Righi, a Figline Valdarno, si mischia un po’ di tutto, tranne il buonsenso. Cattiva amministrazione, burocrazia pachidermica e pure giustizia cieca. Cominciamo dalla fine: la famiglia Righi, i cui capostipiti Rinaldo e Barbara hanno rispettivamente 83 e 85 anni, hanno soltanto un'asse di legno per attraversare il torrente Ponterosso e raggiungere la loro casa. E sono in questa situazione da dopo l’alluvione del 2013: da quando cioé, quel ponte viene ritenuto pericoloso per l’intera popolazione della zona e viene abbattuto dal Comune di Figline Valdarno. L’alternativa? Non c’è. Solo quelle assi di legno, che quando il rio è in piena spariscono sotto il livello dell’acqua, oppure i viottoli tra i campi.

A questa situazione paradossale, s’aggiunge pure l’odissea giudiziaria in cui i Righi sono impelagati. Il tribunale di Firenze li ha condannati in primo grado, ritenendo responsabile quel ponte dei danni di quell’alluvione anche diverse centinaia di metri più a valle. E rischiano pure di dover pagare cospicui risarcimenti.

Eppure, quel ponte se lo sono sì costruiti da soli, ma seguendo passo dopo passo le «istruzioni» degli amministratori dell’epoca. Siamo negli anni ’60: Rinaldo Righi ha individuato quel terreno per fabbricarci il suo laboratorio (all’epoca aveva un’attività di articoli da regalo) e degli appartamenti.

Ovviamente  serve un passaggio sul torrente, se lo costruirà da solo ma vuole che ci siano i permessi. Tutto a posto, garantirono i burocrati. Sul tavolo di casa Righi, oggi, ci sono pure i bollettini delle tasse pagate sul ponte, assieme a una caterva di carte che serviranno non solo a tentare di far riformare la sentenza del gip, appellata dai difensori, ma anche per dimostrare che il tribunale superiore delle acque poteva pure ordinare la demolizione, ma l’amministrazione doveva pensare ad un’altra soluzione per questa famiglia.

E pensare che nei locali del Righi, anni fa, il Comune di Figline aveva pure pensato di affittarli per metterci un asilo. Oggi, la realtà è assai differente. Oltre alle quotidiane acrobazie sulle assi di legno e sulle spallette lungo la via di Norcenni, l’inaccessibilità di quell’abitato ha rischiato di portare pure a tragedie, come quella volta che un bambino che abitava in uno degli appartamenti rischiava di soffocare e l’ambulanza non sapeva da dove passare.

«Confidiamo che la Corte di Appello possa accertare l’assenza di responsabilità dei nostri assistiti ma, indipendentemente dalle sorti del processo – dicono gli avvocati Niccolò Salimbeni e Franco Modena –, non può ammettersi che il Comune non intervenga per far sì che due anziani cittadini riescano ad accedere normalmente alla loro abitazione e si disinteressi del tutto della situazione che ha determinato».

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