Placido Domingo in visita alla Fondazione Zeffirelli

Accolto dal presidente Pippo Zeffirelli in un itinerario nella memoria di due grandi. "Cantare e creare per i giovani"

Placido Domingo in visita alla Fondazione Zeffirelli

Placido Domingo in visita alla Fondazione Zeffirelli

Firenze, 11 ottobre 2020 - «Sono felicissimo di essere tornato in una città unica per l’arte. E’ raro quello che si vive a Firenze. E poi sono stati troppi, troppi quarantanove anni lontano da qui. Ma non è capitato, ecco». Una visita privata, l’unica a Firenze: la più grande voce maschile del melodramma mondiale e direttore d’orchestra, Placido Domingo è stato ieri alla Fondazione Zeffirelli in piazza San Firenze a rendere omaggio a quello che è stato l’amico e il maestro di una vita: Franco Zeffirelli. Un tuffo nel lavoro del grande regista scomparso, ma che è stato in parte anche il suo.  Domingo l’assenza dalla scena fiorentina e il ritorno con Nabucco – in replica domani al Maggio – che effetto le ha fatto?  «Come una grave mancanza, e oggi me ne accorgo. Ma non ho potuto esserci, per altri impegni che avevo già preso. Di Firenze ricordo bellissime recite di Turandot, ma anni prima i debutti all’Arena di Verona e poi alla Scala, con cui avevo un programma continuativo. Poi, i miei impegni mi hanno portato al Metropolitan Opera di New York, al Covent Garden di Londra e all’ Opera di Vienna. Ho vissuto coi miei figli negli Stati Uniti dove sono cresciuti e ancora in Spagna. In questi anni molte date mi hanno portato dovunque nel mondo: è stata una coincidenza non essere a Firenze. Non è che non abbia voluto: oggi sono tanto felice perchè è un momento importante per il Maggio e il sovrintendente Pereira. Abbiamo avuto la fortuna di festeggiare l’altra sera il centenario dalla nascita di Verdi».   

Domingo, siamo qui dal Maestro Zeffirelli: lo rimpiange e pensa di dovergli qualcosa?

«L’ammirazione per lui è incredibible, oggi più che mai. Perchè quando vedi tutto quello che ha fatto nella sua vita, tutte le produzioni, ti rendi conto quanto fosse un artista completo. Non si può chiamare regista: le sue pitture, i disegni, la facilità di creare una scenografia e anche i costumi, danno l’idea di quello che ha fatto per il mondo. Ho avuto la fortuna di ammirare con mia moglie Marta, a sua volta regista tutto questo grazie al lavoro encomiabile di Pippo Zeffirelli. Ho guardato con nostalgia le nostre produzioni e mi sono commosso ed emozionato ricordando anni magnifici. E le produzioni di Cavalleria,Ballo in Maschera, Otello, Traviata il film che ha aperto un mondo al mondo intero. Dico grazie a Zeffirelli perchè oltre che amico è stato un vero maestro».  

Quanto è stato importante affiancare alla sua carriera di cantante l’attivita didattica per i giovani cantanti?  «Ventisette anni fa avevo pensato che sarebbe stato bello indire un concorso cantanti d’opera, ce ne sono tanti nel mondo. Ma io ho pensato di farne uno ogni anno. in ogni nazione e in ogni città e siamo andati dappertutto, in Italia a Verona e alla Scala, da Los Angeles e Pechino e Tokyo e l’ultima a Praga e Londra fino a Messico. E’ un concorso che viaggia: abbiamo avuto la fortuna che in ogni città ci siano artisti vincitori. Premiati che si esibiscono oggi in tutti i teatri del mondo».   

Domingo, vedere i teatri prima chiusi e poi svuotati che sentimenti le suscitano?  «Ho sofferto questa tristezza dei teatri chiusi e per i tanti, troppi cantanti, direttori d’orchestra e lavoratori dello spettacolo senza occupazione. Mi ha fatto molto male e mi è entrata nel più profondo dell’anima come un ferita. Io posso dirmi fortunato perchè ho fatto recite del Simon Boccanegra a Vienna e qui a Firenze del Nabucco col pubblico in sala. Controllato e con le distanze, ma pubblico. Oggi auspico che se le cose si fanno in modo organizzato si potrà continuare. Questo mi auguro per non lasciare non distribuiti impegni e opere. Ma soprattutto persone: anche nel segno di Zeffirelli». 

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro