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La strage al Masso delle Fate nel libro di Nicola Coccia

Il nuovo volume del giornalista e scrittore raccoglie quindici anni di ricerche e interviste. Una serie di persone e fatti concatenati nella città degli anni Trenta e Quaranta

Nicola Coccia

FIRENZE C’è la storia di una piccola formazione partigiana guidata da un poeta e da un pittore fino al più importante attacco alle linee ferroviarie dell’Italia centrale e alla fabbrica di armi in ‘Strage al Masso delle Fate. Ottone Rosai, Bogardo Buricchi ed Enzo Faraoni dal 1933 alla Liberazione di Firenze’, ultimo libro di Nicola Coccia, pubblicato da Ets, già autore di ‘L’arse argille consolerai. Carlo Levi dal confino alla Liberazione di Firenze’ (Ets) con cui tra l’altro ha vinto il prestigioso premio intitolato proprio a Carlo Levi. Il volume , che sarà presentato a Firenze il primo dicembre prossimo alla libreria Libraccio di via Cerretani alle 18, racconta gli intrecci di quell’assalto con la vita di Bruno Fanciullacci, il gappista più ricercato della Toscana, l’uccisione di Giovanni Gentile e con la cattura del famigerato Mario Carità e di Pietro Koch che per una settimana aveva rinchiuso in un armadio Luchino Visconti, uno dei più grandi registi di sempre del cinema italiano. Una serie di persone e fatti concatenati nella Firenze degli anni Trenta e Quaranta, dove la gente era affamata d’arte, poesia e libertà. Il libro è frutto di 15 anni di ricerche e interviste fino al ritrovamento all’Archivio centrale dello Stato di un documento inedito che svela, finalmente, la destinazione di tonnellate di tritolo che i tedeschi avevano destinato a quattro città per rallentare l’avanzata alleata. Per Nicola Coccia, storica firma de La Nazione, è un altro successo editoriale annunciato dopo il fortunatissimo libro dedicato alla figura di Carlo Levi, che lo ha portato in tutta Italia a far conoscere ancora più e meglio lo scrittore, pittore, medico e antifascista italiano, tra i più significativi narratori del Novecento, e particolarmente noto per il romanzo ’Cristo si è fermato a Eboli’, che lo rese uno dei maggiori portavoce della questione meridionale nel secondo dopoguerra.