Moda in affanno, Sereni alza la voce: "Tavolo di crisi? Andiamo coinvolti"

La lettera della sindaca al ministro del Made in Italy: "Pesanti ricadute sul territorio. Servono misure subito" .

Interventi profondi di responsabilità sociale e d’impresa. Prima che sia troppo tardi. La crisi della pelletteria e del comparto moda entra prepotentemente, finalmente, nell’agenda della politica. I dati dicono che nell’ultimo semestre si è registrata una chiusura al giorno tra le imprese pellettiere del comparto, soprattutto le più piccole. E con delle aziende essenzialmente ‘prigioniere’ delle griffe, senza brand emergenti, e con gli ammortizzatori sociali che stanno finendo, l’orizzonte è sempre più ridotto.

C’è attesa per il primo tavolo ministeriale che si terrà martedì a Roma davanti al ministro Urso. Un tavolo al quale anche le istituzioni locali chiedono di partecipare. "Ho inviato una lettera al ministro del Made in Italy Urso – ha detto la sindaca di Scandicci, Claudia Sereni, rompendo il silenzio sul tema – per chiedere che anche gli enti locali siano coinvolti al tavolo interministeriale che si terrà il 6 agosto: un tavolo che dovrà affrontare di petto la crisi del settore della moda che sul nostro territorio rappresenta un delicato elemento di sofferenza con ricadute importanti sui cittadini e sul settore della pelletteria".

L’appello della sindaca è stato raccolto anche dal presidente della Regione, Giani, dall’assessora alla formazione e lavoro, Nardini, e dai parlamentari del territorio, Simona Bonafé ed Emiliano Fossi. "Servono misure necessarie e urgenti – ha detto ancora Sereni – questo l’unico obiettivo che ci spinge a chiedere un coinvolgimento più ampio possibile delle amministrazioni interessante, perché è obbligo di tutti cercare di dare risposte concrete e rapide alle imprese e ai lavoratori coinvolti".

Le previsioni per il 2024 ipotizzano, per la fine dell’anno, un calo del 30% rispetto al 2023, che già non era stato esaltante. Gli imprenditori guardano con attenzione al dibattito in corso, ma c’è chi parla di sistema industriale da rifondare. Sparite le piccole, che erano quelle che spesso portavano innovazione nel processo e nuove idee su brand emergenti, le grandi si sono legate alle griffe. Il risultato è stato entusiasmante fino a quando si sono registrate crescite in doppia cifra. Ma l’allarme lanciato da pochi è diventato purtroppo reale e ora c’è da rimboccarsi le maniche.